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Il giorno della scissione del Pd spaccato tra piazza e Leopolda

L'ala governativa e di stretta osservanza renziana sarà a Firenze con il premier. Dalla Cgil le prove della nuova sinistra con Landini leader. E i furbi restano a casa

Il giorno della scissione del Pd spaccato tra piazza e Leopolda

Quando si scriverà la storia recente di questo povero Paese, quando su Wikipedia i ragazzi digiteranno queste due astruse lettere che stanno assieme soltanto attaccate con lo scotch - in tempi meno politicamente corretti si sarebbe detto con lo sputo -, la «p» seguita dalla «d», è immaginabile compaia la data di sabato 25 ottobre 2014. La data in cui il Pd come l'avevamo inteso è finito, lasciando sul campo morti, feriti e febbricitanti. Un Pd che si sgrana come rosario di cattive (e buone) intenzioni, nel quale due gruppi morfologicamente e idealmente se le mandano già a dire e domani si guarderanno in cagnesco più che mai. Dai video, perché i guelfi (vecchia storia) saranno seduti in seggiola a Firenze, i ghibellini sfileranno per le strade di Roma. I furbi, a casa.

Forse è la volta buona, e la «doppiezza» togliattiana troverà la sua materializzazione senza ipocrisie. Nella sua giovanile inconsapevolezza, per una volta la dice giusta la ministra più renziana che c'è, Maria Elena Boschi, che parla di «Leopolda un'altra Italia». Magari non proprio Italia: solo l'altra faccia del Pd. Quella con la testa già al partito della Nazione. Solo soffrendo sapremo se sarà migliore o peggiore della sinistra classica, che forza la mano con il «suo» sindacato. Prova generale del partito che non c'è e forse verrà, con Maurizio Landini a capo. Dietro di lui, gran parte dei vecchi rottamati. Posto d'onore per la regina del genere, Rosy Bindi , che pure nacque democrista e per ragioni personali sta dalla parte dove mai avrebbe pensato di stare. Motivazioni diverse, come sempre nella sinistra d' antàn , e convergenti solo se c'è il nemico da battere. Tornano in piazza assieme, dopo essersi tanto scannati, Sergio Cofferati e Fausto Bertinotti , che ha un suo obbiettivo specifico, e come sempre differente: rottamare la Cgil della Camusso (in casa propria) per costruire un sindacato unico retto da Landini.

E poi, in successione di anni e fulgori: l'ex segretario Cgil e Pd, Guglielmo Epifani (che farà un salto anche di là), l'ex ministro Damiano , i giovani turchi di Stefano Fassina , l'ex leopoldino Pippo Civati , l'ex ghost-writer di D'Alema, Gianni Cuperlo . Già, mancherà lui, D'Alema: forse nella tenuta umbra a spremere uva, non potendo più spremere meningi. Singolare il caso del suo ex portaborse, Matteo Orfini, che sarebbe dovuto stare qua in piazza, ma pure di là, perché presidente del Pd scelto da Renzi. Nell'imbarazzo è volato a Pechino per un incontro con i comunisti cinesi. Bastava comodamente vederseli a piazza San Giovanni, ma vuoi mettere. Una lista, quella dei «né-né» che non fa onore. Mancherà Pier Luigi Bersani , troppo stress. Mancherà il giovane Roberto Speranza (non c'è Speranza, un tormentone). E pure Anna Finocchiaro , che in piazza non può farsi reggere lo striscione dalla scorta. Vergognosamente marcano visita i dissidenti al Senato, a partire da Corradino Mineo («avevo un impegno prestabilito»).

Tra i cinquemila della Leopolda, l'attesa sfilata di giovani ministri docili con il guru Matteo Renzi, che ieri ha dato l'ennesimo schiaffo al sindacato snobbando il «Tripartite social summit» di Bruxelles, cui pure aveva assicurato la presenza (meritandosi il «disappunto» del responsabile europeo della Cgil). Probabile l'assenza di Piero Fassino e Sergio Chiamparino (in questa fase, contrapposti a Renzi sui tagli agli enti locali), di Diego Della Valle e Sergio Marchionne . Accorreranno festose la fassiniana Marina Sereni , in corsa per la Farnesina, e Alessandra Moretti , che coordinerà un tavolo sul «diritto alla genitorialità».

Orfana (politica) di Bersani, la classica persona giusta al posto giusto.

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