Politica

Il giudice si prende la pausa e i tre ladri tornano a spasso

A Bergamo la toga rinvia il processo per «problemi di orario» e lo stop fa scadere i termini per l'arresto

Riccardo Pelliccetti

Malagiustizia. Quante volte è stata ripetuta questa parola. E quante volte abbiamo assistito, indignati, alla scarcerazione di criminali per decorrenza termini, com'è accaduto a Reggio Calabria, dove tre boss lo scorso mese hanno riassaporato la libertà grazie ai ritardi della Corte d'Assise d'Appello, che ha impiegato più di un anno a trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione. «Mancanza di organico», replicano i giudici reggini, ma ci pare che la scusa non stia in piedi. Questo è solo uno degli innumerevoli episodi in cui nelle aule di giustizia i delinquenti hanno provato grandi soddisfazioni, grazie alle falle del sistema o a dei magistrati sul cui impegno professionale si potrebbero scrivere commedie teatrali.

Come è accaduto al Tribunale di Bergamo, dove il giudice fa saltare il processo contro tre ladri appena arrestati dai carabinieri. Il motivo? Problemi organizzativi sugli orari. Ci sarebbe da ridere per questa farsa giudiziaria, ma la verità è che siamo di fronte a una tragedia, con tre delinquenti liberi e la frustrazione del pm e dei carabinieri che hanno impiegato tempo e lavorato inutilmente.

Naturalmente la vicenda è stata segnalata alla Procura Generale, anche perché la storia appare incredibile in un Paese civile. Sabato 9 luglio, il giudice Donatella Nava lascia l'aula del Tribunale di Bergamo alle 12,15 e rimanda gli atti riguardanti tre arresti per tentato furto, avvenuto la notte precedente, al Pm Gianluigi Dettori. I carabinieri hanno infatti arrestato tre romeni senza precedenti: due coniugi e un terzo complice. La donna, una trentenne che fa l'entreneuse in un night club della Val Seriana, seduce un operaio di 51 anni e poi fa da basista ai suoi complici che pianificano di svaligiargli la cassaforte. I tre non sono fortunati perché un vicino di casa della vittima designata vede i ladri entrare in casa e chiama subito i carabinieri che li arrestano. Quando i militi dell'Arma arrivano in tribunale la mattina dopo, però, non trovano il giudice. Che mai sarà successo? Nessuna emergenza, ma soltanto un problemino relativo all'organizzazione degli orari dei processi, definita in un provvedimento. Il giudice si attiene a quello, pedissequamente (anche se sarebbe valido soltanto dal lunedì al venerdì). Poi c'era la domenica di mezzo, naturalmente, e nessuno poteva celebrare il processo. Peccato che i termini di custodia cautelare sarebbero scaduto il lunedì mattina, prima che aprissero le aule del tribunale. Il sostituto procuratore Dettori, così, non ha potuto fare altro che liberare tutti e tre i romeni.

Vedere scarcerare dei veri o presunti delinquenti senza neppure un processo è veramente il colmo. Anche perché troppo spesso assistiamo a discriminazioni belle e buone. È cosa nota che gran parte dei reati, soprattutto per quanto riguarda la microcriminalità, sono commessi da cittadini stranieri, migranti o meno. Quante volte i migranti sono stati «graziati» da giudici buonisti perché commettevano un reato in situazione di necessità. Come se la necessità fosse un attenuante prevista dal nostro codice penale. Appare perciò lampante che nei loro confronti ci sia una sorta di riguardo che non viene usato quanto tocca a un cittadino italiano comparire di fronte a un giudice. Com'è accaduto a Fermo, dove un nostro concittadino intollerante e razzista ha insultato un nigeriano e sua moglie, e poi sono venuti alle mani, con il risultato che il migrante è morto. La vicenda è stata chiarita grazie a due testimoni. È stato il nigeriano, dopo gli insulti razzisti, ad aggredire con violenza l'italiano Amedeo Mancini, il quale ha reagito.

Una vicenda disgustosa, non c'è dubbio, ma dovrebbero spiegarci perché Mancini sia ancora in carcere, mentre molti delinquenti stranieri continuano a circolare liberamente, anche quando sono sospettati di connivenza con il terrorismo jihadista.

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