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"Giuseppi" silenzia i litiganti Ma non c'è intesa sulle misure

A Palazzo Chigi il teatrino del vertice di maggioranza Per ora non si tocca nulla: «Casomai poi in Aula...»

"Giuseppi" silenzia i litiganti Ma non c'è intesa sulle misure

Tra tensioni, rivalità, baruffe da condominio e manovre di corridoio, il Consiglio dei ministri è slittato nella notte di ieri. Ma, come del resto il premier Conte aveva ripetuto fin dall'inizio, nel suo ordine del giorno non compariva alcuna riapertura della manovra: quella varata all'alba del 17 ottobre «salvo intese» e inviata a Bruxelles per il vaglio della Commissione Ue, da cui è in arrivo una richiesta di chiarimenti, verrà consegnata così com'è in Parlamento. «Verrà eventualmente modificata per via parlamentare», dicono a Palazzo Chigi.

Intanto, nel pomeriggio di ieri, la sede del governo Conte sembrava il palcoscenico di una pochade, con gente che entrava e usciva dai vari incontri tra musi lunghi e dispetti tra alleati. Conte aveva allestito la messa in scena: prima una serie di incontri bilaterali con le delegazioni di M5s, Pd, Leu e Italia viva. Poi a tarda ora il grande vertice di maggioranza.

Di Maio (che si è portato dietro, per impressionare gli astanti, tutti coloro che gli sono rimasti fedeli, da Fraccaro a Patuanelli alla Castelli) ha ottenuto una concessione tutta di immagine, con la convocazione solenne degli incontri tra premier e delegazioni dei partiti a Palazzo Chigi, e poi con il vertice di maggioranza. Che non serviva a cambiare nulla di significativo della manovra, ma solo a far sembrare il capo politico dei Cinque Stelle ancora in sella, dopo che si era così esposto a reclamarlo. Non conviene neppure a Giuseppe Conte, premier per grazia ricevuta dalla Casaleggio, di umiliare eccessivamente un Di Maio ormai alle corde, col rischio che nel partito grillino si scatenino la guerra per bande e il caos. Il ragionamento che ha fatto Conte ai suoi azionisti è stato elementare: se diamo l'idea che la manovra già varata dal Consiglio dei ministri è ancora sub iudice e rischia di essere modificata, «si colpisce la credibilità della manovra e del governo, e si indebolisce non solo me, ma l'Italia». Con il rischio, ricorda, di scatenare i mercati contro un paese dai conti estremamente precari. Quindi, è stato l'invito di Conte ai partiti di maggioranza e in particolare al suo, ossia M5s, niente scontri e strappi, e si lavorerà poi ad aggiustamenti e limature in Parlamento, prima della fiducia.

Da Chigi, dopo il faccia a faccia col sofferente Di Maio (presente anche il ministro dell'Economia Gualtieri del Pd, a spalleggiare il premier, incerto sul merito dei provvedimenti) facevano trapelare ieri sera rassicurazioni sul «clima positivo» e sulla possibile intesa sui Pos, con la promessa di «sforbiciare» le commissioni bancarie prima di introdurre l'obbligo per i commercianti di dotarsene, e sui roboanti «inasprimenti delle pene» per i grandi evasori. A seguire Conte ha avuto l'incontro con Antonio Misiani e Dario Franceschini, il capo della delegazione del Pd a governo che è diventato in poche settimane uno dei più ascoltati suggeritori di Conte (oltre a Massimo D'Alema e Vincenzo Scotti). Tanto da suscitare gelosie furibonde nei Cinque stelle, e in particolare in Gigino Di Maio: «Conte si è messo in testa di essere il nuovo Monti, perché ascolta troppo Franceschini e si fida solo di lui. E così prova a spaccare il movimento facendo leva sulla sua alleanza con il Pd», sono stati i ragionamenti nervosi del capo politico grillino in questi giorni. E il Pd resta il principale difensore della manovra, blindando il testo del governo. All'incontro con Italia viva c'erano i plenipotenziari renziani Teresa Bellanova e Luigi Marattin, che hanno messo in chiaro la loro linea: la battaglia politica contro Quota 100 continuerà anche in aula, con emendamenti che chiederanno di usare le massicce risorse destinate a pochi pensionati privilegiati ai giovani e alle famiglie.

Ma non ci sarà alcun tentativo di far saltare il governo.

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