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"Good morning Vietnam" L'ultimo saluto del dj che ha riso della guerra

Adrian Cronauer è stato conduttore radiofonico per l'esercito Usa. La sua voce segnò un'epoca

"Good morning Vietnam" L'ultimo saluto del dj che ha riso della guerra

In quel lunghissimo «gooood mooorning, Vietnam» ha saputo riassumere meglio di quasi tutti lo smarrimento di fronte alla guerra. Adrian Cronauer, il deejay che da Radio Saigon salutava il mattino dei marines in Vietnam, se ne è andato ieri a 79 anni in Virginia dopo aver consegnato se stesso alla storia della più crudele guerra americana e anche a quella del cinema visto che il film Good morning, Vietnam con Robin Williams del 1987 è diventato uno dei «cult» più visti, forse il più ironico, il più vicino alla tragica e imprevedibile casualità di quella guerra.

Per capirci, la vicenda di Adrian Cronauer è simile a quella di tanti eroi per caso, costretti dal destino a inventarsi un ruolo in guerra per poi scoprire di essere un punto di riferimento per i propri compagni. Ogni mattino, arrivando in radio senza copione, Cronauer dilatava il proprio buongiorno fino a venti secondi giusto per «raccapezzarsi e prendere tempo».

Come un telecronista brasiliano, che allunga il suo «goool» fino a che gli dura il fiato, lui stropicciava il saluto per poterlo prendere, il fiato, e poi partire con il programma più seguito, quello all'ora dei primi bollettini a metà tra l'esultanza governativa e la cruda realtà, quello che accompagnava la solita domanda di ogni soldato: che cosa ci faccio qui?

Dal 1965 al 1966 Cronauer ha provato a divagare dietro il microfono, a stuzzicare le ultime tracce di ironia tra i soldati, ad accompagnare l'inizio dell'ennesima marcia o di un nuovo decollo. Come raccontava Robin Williams, «il suo saluto affettuoso e beffardo risuonava ogni mattina tra i ragazzi che si svegliavano nella merda e che rispondevano a quel saluto con parole che non possono essere riprodotte».

Ovviamente Cronauer, che era un sergente direttore delle news delle Forze Armate Usa dopo esserlo stato all'Iraklion Air Station sull'Isola di Creta, era molto meno effervescente di quanto Robin Williams abbia mostrato sullo schermo. Più «militare», più inevitabilmente compassato.

Però è stato un apripista, il pioniere anche in Italia di tanti deejay delle radio private che su quello «schema libero» hanno costruito programmi di successo. Insomma, è diventato un simbolo della radio che sa diventare uno dei collanti più resistenti della nostra civiltà. «La nostra missione era fornire un antidoto a quello choc culturale, a far sentire a quei ragazzi catapultati nelle risaie e nel carnaio del Vietnam qualcosa di familiare». Come spesso accade, la storia del deejay Cronauer si perse però tra le altre migliaia di storie del Vietnam e nessuno voleva raccontarla al cinema.

Finché arrivò Robin Williams.

Good Morning, Vietnam uscì nel 1987, un anno dopo il feroce, paranoico Platoon e ne divenne idealmente l'antidoto. Nel frattempo la vita di Cronauer - la cui morte è stata banalmente annunciata dal sito delle sue pompe funebri - procedeva parallela e meno gloriosa di quella dell'eroico deejay immortalato a Saigon proprio mentre la guerra decollava. Avvocato senza troppa enfasi, direttore di radio e conduttore di un telegiornale della sera, ha girato gli Stati Uniti come testimonial di un'epoca che lui raccontava da repubblicano spesso critico.

Però il suo ruolo (aiutato dal rilievo planetario del film) lo aiutò a diventare consigliere del Dipartimento «Prigionieri di guerra» e vicepresidente dei Veterans per Bush/Cheney.

Ma pure il determinato Cronauer, sempre più canuto e disilluso, sapeva di essere giusto un testimonial senza reali possibilità di influenzare alcuna decisione, esattamente come in Vietnam era soltanto la voce che verniciava di ironia il nulla mentre la realtà era coperta, sovrastata, nascosta dall'irraccontabile rumore del sangue.

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