Politica

«Gorilla di Macron? Macché, sono disoccupato»

Benalla si difende in Senato: «Sono una vittima delle fake news». Con effetti a volte comici

Francesco De Remigis

Indagato per le violenze del 1 maggio a Parigi e sospettato d'essere stato un «tuttofare» al servizio dell'Eliseo, Alexandre Benalla si è presentato ieri davanti alla commissione d'inchiesta del Senato; anzitutto per rispondere dell'ipotesi d'ingerenze sulla gestione della sicurezza presidenziale, affidata di norma a reparti scelti della gendarmerie e uomini indicati dalla prefettura, non a un 26enne civile promosso da Emmanuel Macron al grado di tenente colonnello senza percorso professionale, solo perché ritenuto di stretta fiducia.

Le domande dei senatori si limitano al suo ruolo all'Eliseo: consigliere amministrativo, che però agiva anche fuori, con tanto di auricolare e arma nella fondina. Per «motivi di sicurezza personale, non per quella del capo dello Stato», dice in contraddizione col prefetto di polizia di Parigi, il quale ha spiegato d'aver rilasciato l'autorizzazione a Benalla, «in relazione al suo incarico».

Paiono dunque ingiustificate le ripetute presenze armate accanto a Macron, per quanto detto dallo stesso Benalla: «Non sono mai stato la guardia del corpo di Macron». La sicurezza del presidente non era affidata a lui, ma ai corpi d'élite. E se talvolta è capitato - o sembrato - che lui avesse potuto dare ordini via radio alle forze dell'ordine - è stato «un equivoco, una fake news», assicura: «Mi considero un direttore d'orchestra o un regista, avevo quattro campi d'azione all'Eliseo, tra cui quello di organizzare gli spostamenti del presidente, se mi avete visto vicino a lui è perché la prassi richiede prossimità, non mi occupavo della sua sicurezza».

A tratti comico, Benalla. A domanda sull'attuale professione, risponde: «Sono iscritto a Pôle Emploi», le liste di collocamento. Un disoccupato di lusso su cui pesano anche accuse di favoritismo: la leggerezza del capo di gabinetto dell'Eliseo che ha chiuso un occhio dopo il pestaggio del 1 maggio in cui si era finto poliziotto, intervenendo con equipaggiamento d'ordinanza riservato alla polizia. Solo 15 giorni di sospensione scritta e una presunta retrogradazione al rientro: «Comunicata verbalmente, non per lettera, comunque un'umiliazione».

Sarà l'inchiesta giudiziaria aperta a luglio a fare luce sulle responsabilità di quei giorni.

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