Economia

Governo al buio su Arcelor: tutti sapevano tranne Conte

L'addio era annunciato eppure l'esecutivo è stato preso in contropiede. Scontro in maggioranza sull'immunità

Governo al buio su Arcelor: tutti sapevano tranne Conte

«Molti operai hanno ancora le tute con il marchio dell'Ilva: un gruppo grande come Mittal non ha nemmeno acquistato quelle nuove con i suoi loghi». Il dettaglio riferito dal segretario generale dell'Ugl metalmeccanici Antonio Spera fa capire quanto fosse precaria la situazione nella grande acciaieria. Pure l'arcivescovo di Taranto Filippo Santoro si dice «non sorpreso dalla decisione dell'azienda», perché «i segnali che coglievamo non facevano sperare nulla di buono». E ieri anche il ministro per lo sviluppo economico Stefano Patuanelli ha accusato: «Stanotte Mittal ha depositato presso il tribunale di Milano un atto di citazione nei confronti dei Commissari straordinari di 37 pagine e con 37 allegati: a dimostrazione che da settimane, forse da mesi, l'azienda preparava l'abbandono dell'area».

Per il ministro grillino è un elemento a carico di Arcelor Mittal. Ma se era tutto preparato come mai il governo è l'unico a non essersi accorto di niente? Dal Mise anzi pare arrivassero rassicurazioni: figurati se Mittal se ne va. E che il governo sia stato preso in contropiede si vede anche dalla reazione scomposta dei partiti che compongono la maggioranza, che si muovono in ordine sparso. Ieri Renzi ha annunciato la presentazione di un emendamento firmato da Raffaella Paita, per ripristinare lo scudo penale. Stessa mossa delle opposizioni: Forza Italia e Fratelli d'Italia hanno fatto altrettanto. Gli emendamenti dovrebbero confluire nel primo provvedimento utile, il Dl fiscale, ma hanno l'aria di essere più una mossa dimostrativa che una vera soluzione. A esaminare gli emendamenti sarà infatti la commissione Finanze di Montecitorio presieduta dalla pentastellata Carla Ruocco, che frena: «Bisognerà esaminarli, ma potrebbero essere inammissibili».

Renzi intanto dice di credere a Conte quando dice che Mittal non potrà usare lo stop allo scudo per recedere dagli accordi e smentisce di essersi attivato per rimettere in pista una nuova cordata per rilevare l'ex Ilva con gli indiani di Jindal il cui leader, Sajjan Jindal, guarda la coincidenza, si troverà a giorni in Italia per visitare l'altra fabbrica su cui ha investito, l'ex acciaieria di Piombino. Nel pomeriggio però, il leader di Iv rimette in pista gli indiani, specificando che «se si arriva al recesso ci va il secondo arrivato». Il riferimento è alla gara vinta da Arcelor Mittal davanti alla cordata guidata da Jindal con Arvedi e la Cassa depositi e prestiti. «Proposte per apparire che fanno male a tutti -chiosa il segretario generale della Uilm Rocco Palombella- quella cordata non esiste e non aveva la capacità necessaria, era stata creata ad arte dal ministero solo per contrattare condizioni migliori con Mittal».

Nella maggioranza però non tutti parlano con una sola voce. Zingaretti a esempio apre allo scudo e vuole togliere ogni alibi ad Arcelor Mittal. Quindi rassicura: «Non può rispondere penalmente su responsabilità pregresse.

Il premier d'altronde è stato duramente contestato ieri a Palazzo Madama quando si è saputo che domani alle 14 sarà Patuanelli a riferire in aula sul caso ex Ilva e non Conte. La Lega ha alzato cartelli con scritto «Vergogna». L'unica via d'uscita che potrebbe mettere d'accordo almeno Pd e M5s pare la proposta del ministro del Sud Provenzano: trasformare lo scudo penale in una norma valida per tutte le aziende che si trovano in situazioni simili, sia per superare possibili profili di incostituzionalità, sia per simulare una discontinuità che non riapra il dibattito interno ai 5s. «Il rischio è che non basti e che l'azienda miri a dimezzare lo stabilimento chiudendo l'area a caldo: si perderebbero migliaia di posti di lavoro», avvisa Spera.

L'alternativa choc: la nazionalizzazione.

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