Politica

Il governo canta il solito refrain: lotta all'evasione

Così giustificano il tassa-e-spendi: «Carcere per chi evade» e «pagare meno per pagare tutti»

Il governo canta il solito refrain: lotta all'evasione

Per capire la giornata politica di ieri bisogna risolvere un piccolo quiz confrontando le seguenti due frasi. La prima: «Si cercherà di agire sul serio per far pagare ad ognuno quanto è dovuto. Paghiamo tutti questo sì, per pagare di meno». La seconda: «Con ciò che si recupera si riduce la pressione fiscale. Noi siamo pronti!». A parte le differenze di stile, il contenuto è analogo. La seconda è di ieri ed è del vice ministro all'Economia Laura Castelli. La prima è dell'allora ministro alle Finanze Rino Formica e risale al 15 ottobre 1981. Come andò a finire si sa: la pressione fiscale nell''81 era poco oltre il 15%. Oggi è oltre il 42%. Non depone bene per il futuro.

Il punto è che il Conte bis, a fronte della difficoltà di chiudere i conti della maxi manovra che lo aspetta, ha imboccato la vecchia strada maestra del tassa-e-spendi. Ma ieri nella maggioranza, dopo gli annunci di tasse su merende e voli aerei arrivati da Conte, sono emersi i malumori di chi teme ripercussioni nelle urne, a un mese dal delicato voto in Umbria, vedi Di Maio e Renzi.

E allora Palazzo Chigi tenta di uscire dall'angolo con una consolidata strategia comunicativa mutuata dalla sinistra: spostare l'attenzione dalle uscite, cioè la spesa pubblica che il premier vorrebbe aumentare («La pubblica amministrazione oggi rischia di andare sotto organico. Dobbiamo sfruttare lo sblocco del turn over e rimpinguare l'organico», ha detto ieri Conte) alle entrate: tutta colpa degli evasori. Il coro di voci è stato preceduto da un titolo suggerito a Repubblica: «Caccia al tesoro degli evasori».

Il quotidiano amico ha dato il «la» e il governo ha cominciato a cantare tutto il repertorio classico, gli stessi luoghi comuni ascoltati fin dal 1981. A partire dall'abusata stima di un «buco da 109 miliardi» di evasione, basata su stime la cui attendibilità è misteriosa come il sangue di San Gennaro. Secondo luogo comune: «Gli imprenditori dichiarano meno dei loro dipendenti», messo sul piatto dalla segretaria generale della Cisl Anna Maria Furlan.

Il premier si è subito messo alla testa del coro con un altisonante proclama: «Chi sbaglia deve pagare. Siamo favorevoli anche a pene detentive per i casi di conclamata e grave evasione», seguito dall'altro refrain da manuale: «Nello stesso tempo dobbiamo alleggerire la pressione fiscale». Che ricorda molto da vicino un'altra frase: «Mettiamo anche il carcere per gli evasori: perché d'ora in poi non si sgarra più». Lo disse Luigi Di Maio per giustificare il condono varato dal Conte Uno. Poi la norma sparì dal decreto fiscale, fu riproposta nella «Spazzacorrotti» e sparì anche da lì per essere rinviata a un «dl apposito». Mai arrivato. Forse perché si tratta di un altro falso mito, proprio come il «pagare meno per pagare tutti». Negli ultimi anni l'hanno ripetuto tutti i capi dell'Agenzia delle entrate annunciando i grandi successi contro l'evasione.

Ma alla parte «pagare meno» non ci si è mai arrivati.

Commenti