Politica

Il governo cede ai Mittal. Ok all'intervento statale e allo scudo penale soft

Vicini all'accordo su una newco che si accolli gli esuberi. Il coinvolgimento di Cdp

Il governo cede ai Mittal. Ok all'intervento statale e allo scudo penale soft

La trattativa tra il governo e ArcelorMittal, riaperta ufficialmente venerdì dall'incontro a Palazzo Chigi definito «costruttivo» dalla multinazionale stessa (tornata al tavolo dopo una dura rottura), è in realtà in una fase molto più avanzata di quello che le cronache, e il premier Giuseppe Conte stesso, riportino.

Secondo fonti vicine alla vicenda, Lakshmi Mittal e suo figlio Aditya avrebbero ricevuto garanzie sulla reintroduzione dello scudo penale, probabilmente in forma «soft», e starebbero già trattando nel concreto il nuovo piano industriale. «L'operazione allo studio spiega al Giornale Giuseppe Sabella, esperto del caso Ilva vedrebbe Arcelor Mittal alleggerita dei 5.000 dipendenti, che ritiene siano in esubero per la capacità produttiva attuale, e delle perdite che gravano sulla società, circa 700 milioni di euro». Come? «Il governo - ipotizza Sabella - potrebbe prepararsi a usare come veicolo-newco la società Ilva che si occupa di bonifiche, ha in capo attualmente 2.300 addetti, e che è rimasta fuori dalla cessione alla multinazionale oltre un anno fa». Questo soggetto, una sorta di «Ilva pubblica» sarebbe a questo punto il perno del «cantiere Taranto» più volte evocato dal premier e dalla politica, e il cuore di quel «green new deal» annunciato nei mesi scorsi da Conte. Non una nazionalizzazione, dunque, ma un progetto di sistema. «Nella partita - spiega Sabella - a quel punto lo Stato potrebbe avere un ruolo preminente con il coinvolgimento di diverse società che avrebbero progetti dedicati alla decarbonizzazione dell'ex Ilva». Da Fincantieri, a Snam passando per Finmeccanica, ma anche da Eni ed Enel che stanno sviluppando piani in nome della transizione energetica.

In questo modo Arcelor resterebbe in partita per portare avanti l'area a caldo, che non può certo chiudere domani, e continuare a produrre acciaio, ma in una situazione contingentata e conveniente. D'altra parte, operazioni diverse sarebbero antieconomiche per il governo, l'Ilva e Arcelor Mittal. «Anche lasciando le cose come stanno e accollandosi i 5.000 esuberi potenziali lo Stato non andrebbe nemmeno a dimezzare le perdite attuali dell'ex Ilva: 5000 dipendenti costano mediamente 200 milioni l'anno e il rosso è, invece, di 700 milioni».

C'è poi da sottolineare come un'operazione di sistema come quella che vedrebbe il cantiere Taranto dispiegarsi attraverso l'Ilva pubblica aprirebbe la strada alla Cdp e a un suo coinvolgimento senza ostacoli. Come insegna il caso Salini-Astaldi, se la Cdp non può intervenire finanziariamente a favore di società in perdita, diversamente può entrare in gioco se si profila una operazione che assuma un assetto «sistemico». Una trattativa, quella che riguarda il nuovo piano industriale, che andrà avanti diverse settimane e che prima dovrà superare un altro scoglio, quello del 13 dicembre. Questa data è, a oggi, la scadenza per mettere a norma l'altoforno 2. Tuttavia, Mittal ha da tempo fatto sapere che non riuscirà a ottemperare alle richieste della magistratura in tal senso. «Le soluzioni a questo problema sono 3: o la magistratura proroga la scadenza, o viene reintrodotto lo scudo penale; o l'altoforno 2 viene spento, ipotesi quest'ultima da escludere» spiega Sabella.

A breve, dunque, il premier Conte dovrà giocare a carte scoperte anche questa partita che tanto divide il governo, e il M5s in particolare.

Se non sarà reintrodotto subito lo scudo, l'ipotesi accreditata è che grazie alla magistratura il governo incassi un rinvio per temporeggiare, magari fino alle elezioni in Emilia-Romagna.

Commenti