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Il governo contro il gup di Piazza della Loggia "Decisione abnorme"

Estromesso l'esecutivo dal processo per la strage di Brescia: "Non rappresenta lo Stato"

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«Non c'è prova che presidenza del Consiglio e ministero degli Interni rappresentino lo Stato»: è questa l'affermazione con cui ieri un giudice estromette il governo dal nuovo processo per la strage di piazza della Loggia, avvenuta a Brescia nel 1974. Il giudice spiega così la sua scelta di non avvisare Palazzo Chigi dell'udienza preliminare a carico dei due ex neofascisti accusati di avere materialmente collocato l'ordigno in un cestino della piazza. Ieri l'avvocatura dello Stato si è presentata in aula, ha chiesto di costituirsi come parte civile: ma il giudice, su richiesta di uno degli imputati, ha detto che ormai era troppo tardi.

La decisione del giudice preliminare Francesca Grassani, emessa in mattinata, solleva subito un mare di polemiche, come se la scelta di non essere presente in aula fosse stata presa dal governo. Tanto che poco dopo il governo stesso a intervenire nella vicenda, con una dura nota di Palazzo Chigi che ribalta interamente sul giudice la responsabilità della decisione «palesemente abnorme» e annuncia un ricorso immediato in Cassazione.

Nella nota del governo si ricorda che «il giudice non aveva dato notizia al governo dell'udienza antecedente a quella odierna e ciò aveva reso impossibile la costituzione», ma lo stesso giudice aveva poi accolto la richiesta dell'Avvocatura dello Stato di riaprire i termini per la presentazione. Oggi però lo stesso giudice scrive che «la presidenza del Consiglio avrebbe dovuto conoscere l'antecedente udienza in quanto fatto notorio». In questo modo, secondo il governo, il giudice si contraddice: e soprattutto «alla presidenza del Consiglio è stato così impedito l'esercizio del potere-dovere di affiancare la difesa delle vittime».

In realtà, per legge sarebbe stato lo stesso giudice a dover avvisare dell'udienza - «notoria» o meno che fosse la notizia - il governo, come parte offesa del reato di strage. Ed è per questo che, secondo quanto rende noto il legale delle vittime Federico Sinicato, nel suo provvedimento la Grassani si spinge a affermare che il governo non rappresenta lo Stato, e quindi non era lei a dover avvisare Palazzo Chigi.

Questioni tecniche a parte, dietro il putiferio - e a spiegare l'asprezza della reazione del governo - ci sono le accuse lanciate più o meno esplicitiamente contro Palazzo Chigi fin dall'ultima udienza, quando l'assenza dell'Avvocatura dello Stato dall'aula venne resa nota dall'agenzia Agi. Alcuni interpretarono quell'assenza non come un inciampo burocratico o una noncuranza ma come una scelta deliberata dettata dalla presunta affinità ideologica con gli imputati. Ieri, di fronte alla nuova puntata, da una parte i familiari delle vittime intervengono civilmente, «il dato di fatto - osserva il presidente del comitato Manlio Milani - è che il giudice non aveva avvertito il governo, che ha presentato quindi in ritardo la richiesta di costituzione di parte civile».

Ma sul resto dei commenti dell'opposizione l'accusa al governo di avere agito in malafede è quasi esplicita: con la capogruppo dei Verdi Luana Zanella che dice che «la scelta del governo è scandalosa» e che le perdite dei famigliari «sono state anche frutto dei depistaggi e del tradimento di uomini dello Stato».

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