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Il governo dove i ministri non si fidano dei vice

I sottosegretari del Conte 2 non hanno ancora le deleghe. E senza materie assegnate regna il caos

Il governo dove i ministri non si fidano dei vice

Come ci si può fidare di un governo che non si fida di se stesso? Novanta giorni dopo la nascita del Conte bis, i ministri non si fidano dei loro vice e i loro vice non conoscono quali siano i loro compiti. Da tre mesi, 47, tra sottosegretari e viceministri, hanno gli onori della carica, ma non hanno ancora le deleghe assegnate. Da tre mesi, hanno i privilegi dell'incarico, ma non conoscono le materie specifiche per cui sono stati incaricati. Come il cavaliere dello scrittore Italo Calvino che esisteva senza esistere, che si presentava con l'armatura come guscio, ma senza corpo, anche loro si muovono nei ministeri con il ruolo, ma senza la funzione.

Se è vero che non tutti possono fare tutto, come può un solo ministro occuparsi di tutti i dipartimenti? Come può un ministro degli Esteri occuparsi, ad esempio, di affari politici e sicurezza, di mondializzazione e questioni globali, di Ue, di cooperazione e sviluppo? Nel caso poi di Luigi Di Maio, ministro della provincia più che degli Esteri (è sempre in tour elettorale per il M5s) è chiaramente impossibile. Alla Farnesina, i viceministri e sottosegretari sono 5 e tutti fanno tutto rischiando di fare niente. La prova è che nessuno dei 5 ha saputo, al momento, rispondere, alla domanda più paradossale che si possa formulare: chi di voi risponde alle nostre domande? È l'interrogazione scritta, (la numero 4-03962) che ha presentato il deputato della Lega, Paolo Formentini, a fine ottobre. Chiedeva in pratica quanto bisogna ancora attendere prima di sapere a quale dei 5 sottosegretari deve rivolgersi in determinate circostanze. «E, naturalmente, non è ancora arrivata una risposta».

Chiamati a coadiuvare i ministri, e dunque a favorire i rapporti con il Parlamento, viceministri e sottosegretari si presentano in loro assenza e, pur non avendo diritto di voto, intervengono anche al Cdm per chiarire, spiegare in merito alla loro materia delegata. Ma se la materia non è delegata il prodotto è solo la confusione, la stasi. Nel ministero finora più caldo, ci si riferisce al Mef guidato da Roberto Gualtieri, i sottosegretari sono Pier Paolo Baretta, Laura Castelli, Maria Cecilia Guerra, Antonio Misiani, Alessia Villarosa. Ebbene, anche loro sono in squadra ma non sanno in che ruolo devono giocare. Basta leggere nel sito del ministero. Lì dove si dice che «il ministro conferisce ai viceministri deleghe relative ad un'intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali o di più direzioni generali», la pagina risulta essere ancora in aggiornamento. «Tutti sanno che per far funzionare una struttura così complessa, come il Mef, è necessario delegare ai sottosegretari. Ognuno secondo il proprio ambito. Ma fino a oggi nessuno ha un ambito» conferma Claudio Borghi che per la Lega, come si sa, è ritenuto l'esperto in materia economica. Per far comprendere quanto siano fondamentali le deleghe, è sufficiente ricordare la battaglia che nello scorso governo ha contrapposto l'ex ministro Giovanni Tria e la sua vice Laura Castelli. Per mesi, venne accusato, e in maniera scomposta, dal M5s proprio per quella sua inadempienza che, nel caso della Castelli, si pensava fosse dovuta alla inadeguatezza e ai rapporti difficili tra lei e il ministro.

Senza deleghe sono anche i sottosegretari che all'Interno affiancano Luciana Lamorgese in un dicastero dalle vastissime articolazioni. Ma c'è un altro ministero che, mai come in questo momento, non può permettersi la paralisi. Si tratta delle Infrastrutture e si deve tenere conto che, di fatto, è un doppio ministero dato che accorpa Infrastrutture e Trasporti. Anche qui, il ministro, Paola De Micheli, non ha ancora conferito le deleghe. Un'ulteriore prova dell'urgenza si è avuta durante la chiusura dell'autostrada A26. Come testimonia Edoardo Rixi (Lega), che nello scorso esecutivo era appunto viceministro dei Trasporti: «In quella occasione, alla riunione fra sindaci e prefetto, a mancare era proprio il rappresentante del governo. In Europa non sappiamo invece quale sottosegretario ai Trasporti si occupa di seguire i tavoli. Mi sembra chiaro che così è impossibile lavorare e mi preme ricordare che la lista stessa dei sottosegretari è già la sintesi di un estenuante manuale Cencelli fra Pd e M5s».

Tre mesi dopo, non stupisce più la spartizione delle poltrone, ma sconcerta l'incapacità di spartirsi le mansioni.

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