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Il governo rinvia tutti i dossier. C'è sempre più aria di crisi

Nessuna decisione su autonomia, Autostrade e conti Ipotesi voto in Primavera con un'altra legge elettorale

Il governo rinvia tutti i dossier. C'è sempre più aria di crisi

L'ordine del giorno del Consiglio dei ministri è fitto. Ma per mancanza di intese la riunione viene svuotata di tutte le questioni pesanti e spinose. A una a una le portate principali vengono tolte dal menu. La questione dell'autonomia, o meglio del regionalismo differenziato, viene rinviata in attesa che le «burocrazie ministeriali citate da Matteo Salvini dicano la loro una riunione ad hoc dovrebbe tenersi la prossima settimana - e il Parlamento analizzi con attenzione il testo. Rinviato anche l'assestamento di bilancio. «Vogliono andare a Osaka e vogliono farlo dopo" il G20 in Giappone dice Giancarlo Giorgetti. Se ne riparlerà, dunque, lunedì (solitamente viene approvato per prassi entro il 30 giugno) e il tutto sarà accompagnato da una relazione al Parlamento sull'andamento del deficit.

La fase due del governo stenta dunque a decollare. Anzi la tensione sale e lo stallo è evidente nonostante la maratona notturna nella quale il premier ha cercato di sbloccare l'impasse su Autonomia, Autostrade e sull'assestamento di bilancio. Giuseppe Conte avrebbe voluto definire le questioni in modo da recarsi a Osaka con un mandato più forte. Ma la fumata nera non lo ha certo rafforzato e ora deve affrontare la prova del summit internazionale avendo sulle spalle il carico di molte incognite di politica interna non ancora dissipate. Non ultima la querelle sulla revoca della concessione. Ma la dialettica tra i due contraenti del patto di governo appare ormai più che un braccio di ferro, un duello senza esclusione di colpi. Il salario minimo? Prima devi abbassare le tasse alle imprese perché se va a carico degli artigiani e dei commercianti, amico mio...." dice Salvini a Porta a Porta. E sempre da Vespa, a proposito dell'Autonomia: «Se i 5 stelle dovessero andare avanti a dire no, no, e no sarebbe un problema, ne trarrei le conseguenze».

I timori di una crisi si addensano soprattutto dalle parti dei 5 stelle dove si attende con ansia malcelata la metà di luglio, data oltre la quale non sarà più possibile andare al voto a settembre. La speranza e l'obiettivo è arrivare almeno alla primavera del 2020. Con una suggestione, svelata dall'agenzia Ansa: modificare la legge elettorale e tornare al proporzionale così da poter giocare su più tavoli e superare il problema dei collegi uninominali dove attualmente il centrodestra stravincerebbe. Se questo non fosse possibile pur di allontanare lo spauracchio delle urne il 5 Stelle potrebbero anche valutare una maggioranza alternativa, con l'appoggio del Pd, per un governo di transizione, magari guidato dallo stesso Conte, che porti il Paese alle urne in primavera o in estate.

Il problema è capire come si svilupperà la dialettica interna, visto che Roberto Fico con l'intervista a Repubblica ha cercato di prendersi il palcoscenico, mentre Alessandro Di Battista è sempre più distante da Luigi Di Maio e sempre più deciso a far sentire la propria voce in vista del ritorno in Parlamento. Al di là degli umori fatti filtrare anonimamente, ci sono anche le dichiarazioni di esponenti di primo piano sia della Lega che dei Cinquestelle, a Un giorno da pecora su Radio Uno. Il ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio fa capire che difficilmente si potrà andare avanti senza un cambio di clima. «Io sono per andare avanti ma tornando allo spirito iniziale, quello di un anno fa. Se dovessimo governare come negli ultimi due mesi, per carità, Dio ce ne scampi». Gianluigi Paragone, senatore M5s, fa qualche previsione: «Quando cade il governo? Al 51% non cade e al 49% cade e si va al voto». Se cadesse, quando potrebbe succedere? «In un tempo vicino.

È chiaro che se ci fossero elezioni anticipate si andrebbe a settembre».

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