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IL GOVERNO ROSES

IL GOVERNO ROSES

N on c’è alcuna questione morale, c’è solo la ferocia dettata dalla paura, quella di vedersi umiliati nelle urne. Per questo i Cinque Stelle hanno azzannato Matteo Salvini e lo tengono ben stretto con la scusa del sottosegretario Armando Siri, persona discussa e discutibile, ma certamente non abbastanza per fare cadere un governo. Salvini è uomo di esperienza e per questo non si divincola, sa che a ogni strappo rischia di lacerare un pezzo di carne di se stesso, preda, e non del cacciatore, Di Maio, e dei suoi soci magistrati. Probabilmente aspetta il momento, se mai verrà, in cui l’avversario molla per un secondo la presa. E allora se ne vedranno delle belle perché, secondo la legge della giungla – e questo governo è una giungla –, l’animale ferito è più pericoloso di uno sano. Stare immobile fino al 26 maggio, giorno delle elezioni, potrebbe essere la strategia del leader della Lega. Non usiamo il condizionale a caso, di certezze, a questo punto, ce ne sono davvero poche. Se non, come abbiamo già scritto, che le ferite del caso Siri non saranno curabili con l’Aspirina né rimarginabili con un cerotto. La storia tra Di Maio e Salvini, ma più in generale tra Cinque Stelle e Lega, assomiglia sempre più a quella raccontata nel celebre film dei primi anni Novanta, La guerra dei Roses, in cui una coppia in crisi piuttosto che divorziare sceglie di stare insieme sotto lo stesso tetto con l’unico scopo di meglio distruggersi l’un con l’altro. In una escalation di rancori, minacce, umiliazioni e violenze alternati a finte pacificazioni, i due si avviano inesorabilmente all’autodistruzione. Solo che qui il teatro della scena che, colpo dopo colpo, andrà distrutto non è una bella casa di famiglia, ma il nostro Paese. Oltre ai due protagonisti, nel film c’è solo una terza figura. È quella di un avvocato, Gavin, che tenta di mettere pace, ma che, alla fine, tirato con l’inganno da una parte e dall’altra, uscirà perdente. Anche nella «guerra dei vicepremier» c’è un avvocato di mezzo, il premier-avvocato Conte, che, come Gavin, è convinto di poter sistemare la faccenda.

Potrà al massimo metterci una pezza, poi un’altra e forse un’altra ancora. Ma il destino suo e dei suoi clienti è segnato, non dal caso Siri, ma dall’infondatezza del contratto-truffa di governo firmato per mero opportunismo dai due contraenti fin da allora in odio tra loro

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