Politica

Con il governo di sinistra è fuga dalla sanità pubblica

Sono 11 milioni gli italiani che rinunciano alle cure perché non possono pagarle E in medicine ognuno ha speso 110 euro. Molto più del bonus elargito dal premier

Con il governo di sinistra è fuga dalla sanità pubblica

Ache cosa sono serviti gli 80 euro che Matteo Renzi ha elargito (non a tutti) nel 2014? Non sono bastati neppure per le medicine che gli italiani hanno pagato di tasca propria sborsando in media 110 euro a testa.

Purtroppo la salute alza il prezzo e chi non può permettersi di pagare rinuncia. Se nel 2012 erano 9 i milioni di cittadini costretti a fare a meno di cure e prestazioni sanitarie nel 2016 sono saliti a 11. Altri due milioni di pazienti privati del diritto alla salute tutelato dalla nostra Costituzione. Le ragioni sono chiarissime: la quota pubblica di sanità si riduce anno dopo anno mentre aumentano i costi a carico del cittadino. Una tendenza iniziata nel 2010 che però il governo Renzi aveva promesso di invertire, garantendo maggiori investimenti nel Servizio sanitario nazionale, Ssn. Ma così non è stato. Anzi negli ultimi due anni (ovvero sotto la guida di Renzi) la progressione dei costi a carico dei privati da matematica è diventata geometrica. La spesa privata nel 2013 era stata di 32 miliardi e mezzo, salita a 33 nel 2014 ed esplosa a 34,5 miliardi nel 2015, registrando così un più 3,2 in due anni. La maggiore attenzione promessa alle fasce più deboli dal premier è stata negata. Tra gli 11 milioni di cittadini costretti a rinunciare alla salute infatti ci sono 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennial, giovani nati tra gli anni '80 ed il 2000.

Tra il 2012 e il 2016 la sanità pubblica ha perso 6,79 miliardi di euro ma non basta perché il Def del 2016 prevede una progressiva diminuzione della quota di Pil destinata al finanziamento del Ssn che dal 9,2 del 2012 scenderà al 6,5 del 2019. Una contrazione che comporterà inevitabilmente servizi più cari e qualitativamente più scarsi.

Un quadro drammatico che emerge sia dalle cifre della ricerca Censis-Rbm Assicurazione Salute sia da quelle del Rapporto stilato dalla Fondazione Gimbe sulla sostenibilità del Ssn.

Sono i cittadini a pagare il prezzo dei tagli. Ad esempio con il ticket. Nel 2015 nelle casse regionali sono confluiti 2,8 miliardi di euro grazie ai ticket su farmaci e prestazioni sanitarie. Quasi la metà degli italiani, il 45,4 per cento, sottolinea come le tariffe del privato siano uguali o di poco superiori ai costi del ticket per il pubblico. E visto che spesso affrontare le liste d'attesa nel pubblico significa aspettare mesi preziosi ci sono oltre 10 milioni di italiani che lo scorso anno si sono visti costretti a rivolgersi al privato.

In questo quadro non stupisce che il 45,1 per cento degli italiani segnali un peggioramento della qualità del Ssn nella propria Regione esattamente negli ultimi due anni. Oltre la metà, il 52 per cento, considera inadeguato il Ssn nella propria Regione.

Sotto accusa per tutti in particolare le liste d'attesa che di fatto chiudono le porte d'accesso alle cure pubbliche perché se devi aspettare un anno per fare una Tac per confermare una diagnosi di cancro è ovvio che se puoi pagare ti rivolgi al privato. Se non puoi pagare e sei credente non ti resta che pregare sperando di arrivare vivo al giorno dell'esame.

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, assicura di avere «ben chiara» la situazione. «Non si possono fare le nozze con i fichi secchi - afferma il ministro -. Occorre riorganizzare il sistema delle liste di attesa, soprattutto in alcune Regioni italiane». L'obiettivo, spiega è quello di «uniformare l'intero territorio nazionale» alle regioni dove la sanità funziona con standard elevati.

Ma i sindacati mettono sotto accusa le scelte del governo che, dice il segretario nazionale della Cgil Medici, Massimo Cozza, «continua a destinare più risorse ad altri settori: dagli imprenditori alle banche».

Commenti