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Il governo vuole fare cassa: con la tassa sulle polizze vita

Al momento del riscatto o del rimborso l'assicurato dovrà pagare un'imposta di bollo del due per mille

Il governo vuole fare cassa: con la tassa sulle polizze vita

C'è chi l'ha definito balzello e chi una mini-patrimoniale. Fatto sta che il governo si prepara a mettere le mani nelle tasche degli assicurati per portare nelle casse dell'Erario circa 194 milioni. Secondo una prima bozza prevista nella Legge di Bilancio, allo studio dei tecnici di Palazzo Chigi e del Tesoro, la misura riguarderà le polizze vita a capitale garantito: vere e proprie forme di risparmio il cui obiettivo principale è la tutela dell'assicurato e dei suoi familiari contro eventi legati alla non conoscenza della durata della vita umana. Questa tipologia di polizze prevede l'obbligo per l'assicuratore di versare a uno o più beneficiari, indicati nel contratto di assicurazione, un capitale o una rendita nel caso in cui si verifichi un evento relativo a vita dell'assicurato o del contraente (le due figure possono coincidere) come morte o invalidità. L'intervento del governo sarà tradotto, in pratica, grazie a un'imposta di bollo del 2 per mille che l'assicurato dovrà pagare, a partire dal 2018, al momento del riscatto o del rimborso della polizza.

Una novità che riguarda più che altro l'assicurato-risparmiatore. Questa misura si tradurrà, infatti, in un prelievo finale del 2% annuo, considerando una polizza dalla durata media di 10 anni. Per le società di assicurazioni non è invece una novità assoluta visto che il medesimo bollo è già in vigore per le polizze vita del ramo III (ad alto contenuto finanziario; united ed index linked) e del ramo V (polizze di capitalizzazione). «Si tratta in questo senso di una misura democratica che ci allinea all'Europa e uniforma la tassazione di settore», commenta a il Giornale Claudia Segre, membro della Consulta degli Esperti della VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati. C'è da dire però che questa estensione riguarderà le polizze vita rivalutabili e più diffuse in quanto non sono speculative perché garantite dalla restituzione del capitale investito. Si tratta quindi di una misura che colpisce una buona parte del risparmio degli italiani? In apparenza sì. Secondo recenti stime dell'Ania gli attivi Vita riconducibili a gestioni separate (grandi salvadanai dove sono depositati i premi inerenti al ramo I, ma anche del ramo V) a metà 2017 ammontavano a 494 miliardi di euro. Buona parte di questi attivi depositati riconducibili a polizze cosiddette rivalutabili (ramo I) sono investiti in titoli di Stato che pesano ancora per il 66% circa sul totale gestito. «Di fatto però - ammonisce Segre - le vecchie polizze rivalutabili nel tempo hanno assottigliato le loro garanzie. A causa dei tassi bassi sono diventate meno redditizie e l'obbligo da parte dell'assicurazione di accantonare cifre pari alle garanzie le hanno rese molto meno diffuse.

Insomma, nel 2017 di polizze esclusivamente del ramo I ne sono state emesse molte meno e ritengo quindi che il governo abbia adottato una misura dal valore limitato e che, a tendere, porterà sempre meno risorse nelle casse dell'Erario».

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