Politica

Grandi manovre, grande caos

In movimento non c'è solo Verdini e la sua pattuglia. Dentro Ncd, per esempio, l'agitazione è palpabile, soprattutto in queste ore in cui nessuno sa come si risolverà la grana siciliana

Grandi manovre, grande caos

Chissà se ha ragione Silvio Berlusconi quando profetizza che ad ottobre Matteo Renzi darà una decisa accelerata al suo progetto di Partito della Nazione, magari già levando gli ormeggi rispetto alla sua sinistra e formalizzando una rottura che ieri - a vedere le bordate arrivate da Pier Luigi Bersani, Massimo D'Alema ed Enrico Letta - sembrava cosa fatta. Di certo, quali che saranno gli scenari futuri, non c'è dubbio che siamo davanti ad un'estate di grandi manovre.

Si muove Denis Verdini, che lascia Forza Italia e si prepara a creare un gruppo autonomo che al Senato darà una mano alla maggioranza. Si parte dalle riforme, ma farsi prendere la mano è un attimo. D'altra parte, che Renzi abbia bisogno di una sponda parlamentare è ormai sotto gli occhi di tutti. Altrimenti le tante riforme promesse un anno e mezzo fa, appena varcata la soglia di Palazzo Chigi, non sarebbero lì a languire nel pantano. Da quella sulla Rai alla pubblica amministrazione passando per il nuovo Senato. Ma in movimento non c'è solo Verdini e la sua pattuglia. Dentro Ncd, per esempio, l'agitazione è palpabile, soprattutto in queste ore in cui nessuno sa come si risolverà la grana siciliana. Se Rosario Crocetta non riuscisse a resistere, infatti, un voto in Sicilia rafforzerebbe ancora di più la liaison tra Angelino Alfano e Renzi. Solo con il voto clientelare di Ncd, infatti, il premier potrebbe sperare di non lasciare l'Ars a un Movimento cinque stelle che i sondaggi riservati del Pd danno nell'isola al 34%. Anche su questo fronte, dunque, il rimescolamento rischia di essere imprevedibile, perché se alle prossime politiche il partito di Alfano vuole davvero collocarsi nell'area di centrodestra è chiaro che il rapporto osmotico con Renzi e il Pd prima o poi deve finire.

A meno che non abbia visto giusto il leader di Forza Italia. Che giovedì sera, a cena in un ristorante di Roma con i senatori azzurri, ha dato per scontata sia la nascita del Partito della Nazione (dove confluirebbe anche Alfano) che la rottura tra Renzi e la sua ala sinistra. D'altra parte, che al Nazareno si respiri un clima pesante al punto che c'è gente che al premier gli ha perfino tolto il saluto non è un mistero. Lasciare le presidenze delle Commissioni della Camera alla minoranza dem, dunque, sarebbe stata solo l'ultima concessione. Ma presto, è il motivo dello storytelling renziano, ci saranno «strette regolamentari anti-dissenso». Insomma, o ci si adegua alla linea del partito - e quindi del suo segretario - oppure si è fuori.

Grandi manovre, dunque. Tra le quali qualcuno ipotizza possa anche arrivare in futuro un'apertura di credito dello stesso Berlusconi. Se la situazione lo imponesse e su temi specifici, come per esempio la riforma fiscale (se Renzi confermasse i tagli annunciati) o un ritocco all' Italicum . Uno scenario improbabile, anche se c'è chi sostiene sia stato questo uno degli elementi che hanno contribuito ad accelerare la rottura di Verdini nonostante non siano in vista passaggi parlamentari particolarmente delicati.

Questo e il rischio che la pattuglia di senatori pronti a seguirlo si andasse assottigliando di settimana in settimana.

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