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La graticola dei dossier M5s che spaventa i sottosegretari

Sono stati «processati» dopo le Europee, ma le sentenze erano top secret. E Di Maio li convoca a Palazzo Chigi

La graticola dei dossier M5s che spaventa i sottosegretari

In fondo anche per Josef K. la sentenza non fu mai emessa. Ora che torna a spirare il vento del rimpasto, tra i sottosegretari a 5 Stelle si riaffacciano i malumori generati dal «processo» kafkiano a cui sono stati sottoposti, la cosiddetta graticola, della quale sembrano essersi perse le tracce. E soprattutto i verdetti.

All'indomani della batosta alle Europee, Luigi Di Maio decise di dare sfogo alle pressioni dei parlamentari più critici dando loro la possibilità di giudicare l'operato del governo. Un giudizio giacobino: i sottosegretari sono stati convocati e auditi dai membri grillini delle commissioni parlamentari competenti per materia. Al termine, a ciascun parlamentare è stato chiesto di compilare una scheda di valutazione su presenza, disponibilità all'ascolto, capacità di fornire informazioni e risposte, capacità di raggiungere obiettivi e capacità di organizzare, con un voto alto, medio o basso. Sedute da quaranta minuti, per metà riprese da una telecamera. All'agenzia AdnKronos alcuni sottosegretari raccontarono, restando anonimi, di essersi sentiti umiliati. «Ogni giorno - si sfogava uno di loro - registriamo fughe di notizie sul nostro conto: la graticola ci ha delegittimati consentendo di scrivere o riportare qualsiasi cosa sul nostro operato».

Ora che nel governo cominciano a muoversi le prime caselle, la nomina di Lorenzo Fontana agli Affari europei e il subentro alla Famiglia di Alessandra Locatelli, nel sottogoverno grillino è tornata la paura che qualche posizione venga messa in discussione. Luigi Di Maio ha fatto sapere di voler evitare sussulti nel governo prima della chiusura della finestra elettorale, ma non è bastato a frenare l'agitazione del sottogoverno grillino.

Resta il fatto che le valutazioni espresse dai parlamentari in modo anonimo, nello stile whistleblower così caro all'anima più giustizialista dei grillini, fino a ieri non erano mai state rese note. Video con le «testimonianze» e schede erano in mano allo stesso Di Maio, al capogruppo alla Camera Francesco D'Uva e al tesoriere Sergio Battelli. Agli interessati non era dato sapere, proprio come al protagonista del Processo di Kafka. Oltretutto, non è mai stata mantenuta la promessa di estendere la «graticola» anche ai ministri. Il che sarebbe stato imbarazzante, visto che Di Maio, nel partito dove un tempo uno valeva uno, si sarebbe dovuto sottoporre ad almeno due giudizi, uno per ciascuno dei suoi ministeri. I dossier «scomparsi» potrebbero riaffiorare proprio ora che anche nel M5s c'è chi caldeggia un rimpasto. Ieri Riccardo Fraccaro ha smentito l'ipotesi di subentrare in uno dei dicasteri di Di Maio. Ma il leader ha convocato in serata una riunione con i sottosegretari che sono arrivati temendo il peggio. Stando ai rumors, nel mirino erano Davide Crippa (Sviluppo economico), Alessandra Pesce (Politiche agricole) e Michele Dell'Orco (Infrastrutture). Il quale però frena: «Per quanto mi riguarda sono tranquillo e consiglio ai colleghi di pensare al proprio lavoro e non avere timori». Ma il clima nel M5s non facilita il relax. Ieri il gruppo alla Camera ha perso un altro pezzo con il passaggio al misto di Davide Galantino. «Sono tutti sotto osservazione tranne l'ufficio comunicazione - dice Veronica Giannone, appena espulsa dal M5s - eppure Casalino e company non mi pare abbiano raccolto tanti successi.

La graticola per loro sarebbe stata semplice: bastava leggere i cv di chi comanda l'ufficio comunicazione alla Camera».

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