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"Grazie a lui la figura dell'imprenditore è tornata centrale"

Il presidente di Confcommercio: "Lo conobbi anni fa. Quando scoprì che ero milanista nacque un'amicizia"

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Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e della Camera di Commercio di Milano. Con la morte di Silvio Berlusconi si chiude un'epoca?

«Dal dopoguerra a oggi pochissimi uomini hanno segnato la storia del nostro Paese come Silvio. Solo lui ha suscitato passioni così ampie, profonde e odi irriducibili. Per tutti, in ogni caso, è stato un uomo che sembrava capace di rialzarsi sempre e superare ogni ostacolo in un percorso senza fine. Anche per questo che la sua scomparsa, nonostante la gravità della malattia, è giunta in fondo inaspettata. Mancherà a tutti, estimatori e detrattori».

Quando vi siete conosciuti?

«Ë un ricordo lontano. Molti anni fa un mio collaboratore mi fece conoscere questo giovane imprenditore che aveva uffici in via Rovani a Milano. Mi sorprese la sua lucida determinazione nel presentare progetti immobiliari visionari all'insegna del bello. Cemento ma anche tanta natura e sostenibilità ante litteram. Il giovane Silvio era un fiume in piena. Mi aspettava però una partita importante del Milan a San Siro e guardavo spesso l'orologio. Non gli sfuggi la mia apprensione ma quando scopri il motivo mi abbracciò calorosamente. Fu così che scoprimmo la grande passione comune e nacque un'amicizia».

Cosa la colpiva del Cav?

«Nel ricordo di chi non c'è più si tende sempre a edulcorare la realtà ma l'umanità e l'empatia di Berlusconi erano indubbie. Quando da premier venne in visita nella sede milanese della Confcommercio volle salutare personalmente ogni collaboratore, e non eravamo in periodo elettorale. Ogni mano che stringeva faceva sentire importante l'altra persona. E non si faceva problemi nello scompaginare il protocollo istituzionale».

Ad esempio?

«Quando nel 2005 venne in visita il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, Berlusconi organizzò in tempi brevissimi il primo incontro intergovernativo fuori da Palazzo Chigi in Camera di commercio a Milano. Sempre da premier partecipò a un'edizione di Euromed nella sede della Borsa. Durante il mio intervento non lo vidi più in prima fila. Pensai fosse scappato per altri impegni. In realtà, nell'intervallo, aveva dovuto fare una telefonata ma rientrando era rimasto in piedi al buio in un ingresso laterale per non disturbare fino alla fine del mio intervento. Un esempio di stile raro».

Avrà commesso pure qualche errore?

«Ovviamente, ma era capace di ammetterlo. Durante la campagna elettorale del 2006 incontrando gli imprenditori in Confcommercio apostrofò in modo poco urbano chi votava a sinistra. Una scivolata che gli costò parecchi voti. Pochi giorni dopo lo incontrai a San Siro e venne subìto al mio posto: Ho esagerato, mi è scappata e ti chiedo scusa».

Ha detto spesso che da premier ha messo al centro del Paese l'impresa. In che modo?

«Prima di tutto ha ridato ruolo e dignità, direi normalità, alla figura dell'imprenditore che una certa narrazione voleva ridurre quasi esclusivamente alla dimensione dello sfruttamento. Tra le azioni di sostegno ricordo la detassazione degli utili reinvestiti nelle aziende, l'abolizione dell'Ici sulla prima casa, alcuni passaggi di semplificazioni importanti e aver cercato di non alzare l'Iva per alcuni anni».

È vero che le ha chiesto più volte di candidarsi a sindaco di Milano?

«Quella della mia candidatura a sindaco è una simpatica tradizione che si ripete da tempo. In realtà mi propose anni fa di candidarmi alla presidenza della Regione Lombardia. Mi fece molto piacere ma considero la mia esperienza in politica conclusa, seppur con molta nostalgia».

Da tifoso del Milan, cosa ricorda della sua presidenza?

«Sono stati anni straordinari che ogni vero tifoso spera ritornino. Andai a Manchester con lui per la finale con la Juve. Prima della partita parlò con ogni singolo calciatore come in una confessione. Aveva la capacità di trasmettere passione, forza, insieme a consigli tecnici non banali. E in ogni campo ha saputo circondarsi di collaboratori straordinari.

Il Monza in serie A, grazie anche a un fuoriclasse come Adriano Galliani, è un risultato simbolico e significativo sulle capacità di un uomo che ha realizzato una vita irripetibile».

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