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Greta in barca e l'assurdo Nobel

Greta in barca e l'assurdo Nobel

Se sognate uno sviluppo non solo sostenibile, ma anche proficuo per le vostre tasche puntate su di lei. A dar retta alle grandi agenzie di scommesse Greta Thunberg, la paladina in erba dell'ecologismo militante, è la favorita nella corsa per il Nobel alla Pace. L'assegnazione di quel Nobel a una ragazzina non sarebbe una gran notizia. L'Accademia di Oslo l'ha già conferito nel 2014 alla 17enne pakistana Malala Yousafzay. La vera notizia è la diversa caratura dei due personaggi. Malala, sopravvissuta al colpo di kalashnikov sparatole nel novembre 2012 da un militante talebano, è un personaggio autentico e genuino. A renderla famosa a soli 11 anni fu il blog, pubblicato sul sito della Bbc in lingua urdu, in cui raccontava i soprusi patiti da donne e bimbe in una regione del Pakistan sotto il controllo degli integralisti islamici. La smorfiosetta salpata ieri alla volta dell'America a bordo del catamarano del principino Pierre, figlio di Caroline di Monaco e del defunto Stefano Casiraghi, è invece una pura creazione mediatica di cui gli ambientalisti dovrebbero per primi dubitare. La sua storia puzza infatti più di una centrale a carbone. A cominciare da quel 20 agosto 2018 quando la foto della ragazzina, appena accoccolatasi davanti al parlamento di Stoccolma per protestare contro il cambiamento climatico viene pubblicata su Facebook dal suo mentore Ingmar Rentzhog per poi venir ripresa in poche ore dai più grandi media del Paese. Quel suo mentore oltre a gestire, casualmente, una raccolta fondi per il lancio di nuove tecnologie verdi e a presiedere Global Utmaning, centro di ricerca sullo sviluppo sostenibile fondato dalla figlia di un ex ministro socialdemocratico, è anche buon amico di Malena Ernmann, la mamma di Greta. Così altrettanto casualmente 4 giorni dopo mamma Malena, cantante lirica assai famosa, può annunciare l'uscita del primo libro della figlia. Tre mesi dopo, sempre casualmente, Greta diventa azionista della società fondata da Rentzhog grazie ai fondi di Sven Olof Persson, un miliardario socialdemocratico conosciuto come il re delle concessionarie automobilistiche di tutta Svezia. Dietro a quel faccino ingrugnito dalla sindrome di Asperger si nascondono insomma gli interessi di un abile manipolatore, di un intraprendente e spregiudicata famigliola e di un capitalismo verde e politicamente corretto che prima in Svezia e poi alle europee ha sfruttato il volto di Greta per sostenere i Verdi e combattere una destra dipinta come la grande nemica del pianeta terra. Un «capitalismo verde» pronto ad arricchirsi con le nuove tecnologie indispensabili a ridurre le emissioni, e a mettere fuori mercato le nostre industrie.

Così grazie al volto di Greta le aziende cinesi e indiane, oggi al primo posto nell'inquinamento globale, non si limiteranno a bruciarci i polmoni e desertificare il pianeta, ma riusciranno anche a conquistare definitivamente i nostri mercati.

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