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Il grido di Dell'Utri: "Non voglio la grazia, chiedo solo giustizia"

Lettera da Rebibbia dell'ex senatore malato Il vescovo: «Negargli la famiglia è disumano»

Il grido di Dell'Utri: "Non voglio la grazia, chiedo solo giustizia"

Ci sono ancora due percorsi giurisdizionali da intraprendere (il ricorso in Cassazione e quello davanti alla Corte di Strasburgo) e una nuova istanza al Tribunale di Sorveglianza di Roma. C'è, insomma, la strada che porta alla giustizia e non la scorciatoia che conduce alla clemenza o alla pietà. Lo dice Marcello Dell'Utri, in una lettera indirizzata al quotidiano Il Tempo, e lo ribadisce il suo legale Alessandro De Federicis.

«Rispetto a una ventilata domanda di grazia non è quello che vorrei mai ottenere. Si faccia piuttosto domanda di giustizia, se possibile scrive l'ex senatore di Forza Italia, al quale tre giorni fa i giudici hanno negato la possibilità di curarsi a casa nonostante la presenza di un tumore maligno e di una grave cardiopatia . La grazia mi arriverà piuttosto a scoppio ritardato dalla giustizia di Strasburgo». In un altro passaggio della missiva inviata al direttore del Tempo Gian Marco Chiocci, Dell'Utri ammette di avere «più fiducia nella giustizia complessivamente intesa che nella politica».

È invece il suo avvocato a chiarire come «il dibattito sulla grazia» non nasca «da lui ma da un movimento che si è creato spontaneamente e da iniziative politiche di chi pensa aggiunge che la strada più opportuna da percorrere sia questa e chiede quindi un intervento del presidente Mattarella». Secondo De Federicis, Dell'Utri «è sereno e determinato» e percepisce «come una forte ingiustizia» il rigetto dell'istanza di scarcerazione, non capendo «perché ad una persona debba essere preclusa la possibilità di curarsi adeguatamente». «Ha intenzione di andare avanti annuncia il penalista , nonostante le sollecitazioni che gli giungono, con la decisione di rifiutare il vitto e le terapie».

Nelle 17 pagine di ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, rileva invece l'avvocato Simona Filippi, componente del collegio di difesa dell'ex senatore, «i magistrati riprendono soltanto le relazioni dei loro periti, ignorando le consulenze dei medici della difesa e della Procura e ignorando sottolinea soprattutto le due recenti relazioni del medico del carcere. Si sono così presi la responsabilità di negare il diritto di cura ad un uomo». «È inumano», conclude il legale. Parole identiche a quelle usate da monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo (Trapani) e delegato per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale siciliana. «Negargli il calore di una famiglia, pur con tutte le garanzie di legge, nelle sue condizioni di salute, a me sembra davvero disumano ha detto il prelato perché la clemenza è sempre un atto di umanità e l'umanità è sempre superiore a qualsiasi ricerca di vendetta, comunque la si rivesta: di legalità o intransigenza».

Il movimento d'opinione, a favore dell'ex senatore, che ieri ha ricevuto a Rebibbia la visita del capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta, annovera pure l'ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Raffaele Grimaldi. «Va salvaguardata la salute di tutti i detenuti, quella di Marcello Dell'Utri come anche quella di tutti i detenuti che afferma non hanno la possibilità di finire alla ribalta o c'è il rischio di dimenticare la sofferenza occulta di quanti non riescono ad avere attenzione intorno».

«A qualsiasi detenuto che vive in precarie condizioni di salute deve essere garantita assistenza e la vicinanza della famiglia spiega Grimaldi .

La dignità del detenuto va salvaguardata, al di là del reato commesso».

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