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Grillo incorona un computer alla guida dei Cinque Stelle

Debutta "Rousseau", il sistema operativo eredità di Casaleggio per gestire tutto il Movimento. Per la leadership è sfida tra il moderato Di Maio e il movimentista Fico. Con l'incognita Raggi

Grillo incorona un computer alla guida dei Cinque Stelle

Tra Di Maio e Fico sbuca Rousseau. Che non è il celebre filosofo Jean-Jacques, ma un sistema operativo. Definizione tecnica e un po' asettica che non rende precisamente l'idea di ciò di cui stiamo parlando. Negli ultimi anni della sua vita Gianroberto Casaleggio ha dedicato buona parte delle energie alla costruzione di un grande motore, un cervello tecnologico in grado di gestire tutte le dinamiche del Movimento Cinque Stelle: dalle proposte di legge in Parlamento alla formazione dei militanti, dalle primarie all'attivismo digitale (si parla anche di «marce virtuali», sic).

In teoria, la teoria di Casaleggio, dovrebbe essere la casa trasparente nella quale si autogestiscono tutte le dinamiche del partito sotto gli occhi di iscritti ed eletti. Ma nella realtà - sussurrano gli scettici all'interno del Movimento stesso - sarà un gigantesco telecomando con il quale monitorare, gestire e pilotare tutti gli aspetti della vita del Movimento. Dalla democrazia diretta, alla direttissima gestione padronale. Un telecomando stretto nelle mani di due dioscuri: Davide Casaleggio e Beppe Grillo. Il primo proprietario dell'infrastruttura, dei server e della tecnologia, su cui scorre tutto il Movimento; il secondo intestatario, insieme al nipote Enrico, dell'indirizzo web del suo blog, che altro non è che la gazzetta ufficiale che certifica e autorizza tutto ciò che accade sotto le Cinque Stelle. La bocca della verità, in pratica. E in questo scenario si inserisce il nuovo sistema operativo.

Rousseau è la più ingombrante eredità lasciata dal guru. In un certo senso è la continuazione di Casaleggio coi mezzi della tecnologia. Non a caso, dopo mesi di annunci, smentite e false partenze, il sistema operativo è entrato in funzione proprio poche ore dopo la morte del cofondatore del Movimento. Come in una sorta di passaggio di consegne, una metempsicosi digitale. Nessun simbolo, nessun gesto è lasciato al caso. «Rousseau sarà il nostro cuore pulsante» scrive Grillo nel giorno dei funerali.

Così, mentre le lacrime sono ancora umide e il Movimento è ancora ripiegato su se stesso nel lutto, piomba sulla scena il terzo incomodo. Che gode tra i due litiganti: Fico e Di Maio. Lo strumento nelle mani del comico e della Casaleggio Associati per conservare il potere.

Intanto l'incrinatura nel partito tra i seguaci di Luigi Di Maio e Roberto Fico si fa sempre più accentuata. Ed è una spaccatura politica, umana e financo estetica. Ambedue campani, eppure diversissimi nella forma e nella sostanza. Di Maio istituzionale, per incarico e per vocazione, moderato nei modi e rassicurante nell'aspetto, rappresenta l'ala «destra» del Movimento. Quella dialogante, presentabile e tranquillizzante, buona più per i salotti opalescenti di Bruno Vespa che per le piazze ruspanti, quindi più lontana dell'ideale «rivoluzionario» del grillismo barricadero degli esordi. Fico, invece, scravattato e più rude, incarna la frangia più di «sinistra», quella vicina a tutti i movimenti «noisti» (siano No global, No triv o No tav) e più radicale su politiche economiche e diritti civili. Ma anche più ortodossa alla diarchia del Movimento. Non è un segreto che Fico più volte abbia manifestato ai vertici la sua insofferenza, e anche una punta di invidia, nei confronti del giovane conterraneo (Di Maio ha 12 anni meno di lui) da tutti indicato come il predestinato alla successione. E poi c'è l'incognita Virginia Raggi: una Di Maio in gonnella che, in caso di vittoria a Roma, potrebbe rafforzare la linea e lo stile del vice presidente della Camera, dimostrando che i pentastellati che vincono sono quelli che sanno usare il coltello e la forchetta secondo le regole del galateo. Ma la telegenica candidata è anche un boomerang. Perché all'interno del Movimento è chiaro che gestire la Capitale è qualcosa di simile a una mission impossible. Se dopo i flop di Parma e Livorno dovessero fallire anche al Campidoglio, la scalata di Palazzo Chigi diventerebbe una chimera. Loro se la giocano, o credono di farlo. Intanto Grillo ha già deciso a chi affidare il movimento: un software. Per il Movimento Cinque Stelle gli uomini sono opzionali.

Le macchine no.

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