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Grillo lascia: "Io papà di tutti". Ma zittisce il frondista Fico

Il fondatore si fa da parte: largo ai giovani. Oscurato l'antagonista di Di Maio. Movimento spaccato in tre

Grillo lascia: "Io papà di tutti". Ma zittisce il frondista Fico

Il grande luna park dei cinque stelle apre le transenne. Nell'enorme pratone di ghiaia e polvere della fiera di Rimini, come dice Beppe Grillo che camuffato e al buio sotto il palco svicola dai cronisti, «si apre una fase bellissima». Sì, il gran guru molla. «Derelitti, venite a me scherza . Quando andiamo a comandare? Comandare è una brutta parola. Io non sono un comandante, sono un pensatore, penso al dubbio».

La coreografia per la festa «Italia a 5 stelle» passa attraverso la parete del debito pubblico, il toro dell'onestà, i barattoli dei privilegi e dei vitalizi e il percorso della trasparenza e attraverso l'addio del suo fondatore: «Si apre una fase nuova piena di giovani, di trentenni e quarantenni. Io sono vecchio, ho 70 anni, sarò sempre il papà di tutti. È importante che ci sia un ragazzo di trent'anni che, se sarà eletto, andrà a parlare con i capi di Stato». Vuole tornare ai suoi spettacoli e per farlo deve liberarsi delle grane politiche e giudiziarie che, di ricorso in ricorso, lo stanno prosciugando, più di Fico. Non è d'accordo il deputato Alfonso Bonafede per il quale «rimarrà alla grandissima».

Ma se i malumori interni non rientreranno, la campagna elettorale sarà minata già a partire da lunedì. Il vero pericolo dei grillini sono loro stessi e le loro contraddizioni mai risolte. Gli statuti non statuti, le regole non regole, ammuffite con il Vaffa day di 10 anni fa.

L'incoronazione di Luigi Di Maio a candidato premier e a garante politico passa pure da un percorso ad ostacoli. Il suo. Dopo il flop della Casaleggio Associati, ieri un altro scivolone.

Alle 19 era previsto un incontro sul tema telecomunicazioni e informazione. Ovviamente Roberto Fico, presidente della Vigilanza Rai, era il grande atteso. Ma non si è visto. Nei giorni scorsi Fico si è sfilato dalla corsa per la leadership. Cosa che ha fatto infuriare Grillo in quanto questa mossa ha indebolito la competizione facendo esplodere i malumori della base. E non solo. Tensioni che hanno prodotto la totale esclusione di Fico da Rimini: il suo intervento per ora è annullato. E c'è chi è pure d'accordo: «Credo sia coerente fare un passo indietro», dice un militante calabrese. Facendo così però Grillo non ha zittito solo Fico ma tutta la base movimentista ovvero quella legata ai «no tav», ai «no tap», ai «no tutto» spostando gli interessi del M5s su posizioni più vicine al centrodestra e in particolare alla Lega.

Il predestinato Di Maio (che ieri non si è visto) parte col piede sbagliato. Il palco lascia spazio agli ortodossi, ai quali proprio queste primarie farlocche non sono andate giù. L'indottrinamento della base è forte («non conta la persona ma l'obiettivo») ma di fatto i grillini sono spaccati in tre. Un gruppo minoritario con in testa Fico, che vuole che tutto rimanga com'è (gli ortodossi). Un altro, composto da chi è salito sul carro di Di Maio, sostenuto dalla Casaleggio, e favorevole alla svolta radicale (i falchi). Il terzo è formato dalla maggior parte dei parlamentari, più realisti sul fatto che ormai il ruolo di leader di Di Maio si sia strutturato (i pragmatici). Ma con un compromesso: capo politico del movimento resti Grillo, mentre Di Maio faccia il capo del coordinamento dei gruppi parlamentari, sia che diventi premier sia che il M5s rimanga all'opposizione. È d'accordo il senatore filosofo Nicola Morra: «La concentrazione di potere non dà benefici, il potere va distribuito».

Dopo le primarie online per il candidato premier terminate ieri con Grillo che informa che i «tentativi di attacchi» hacker «sono stati respinti», tocca a quelle sportive, tra tornei di calcetto e di volley. I risultati ancora non ci sono, «custoditi da due notai» (di cui non si conosce il nome) fino a stasera alle 20.

Secondo un sondaggio della Ghisleri, il 21% dei cinquestelle hanno considerato queste primarie una sceneggiata che «tanto chi vinceva si sapeva già» e l'ansia di apparire uniti alla «sagra» di Rimini, davanti a quei maledetti giornalisti «da vomitare», si taglia a fette.

Forse per questo che i 140 cronisti accreditati sono stati stipati in uno spazio stampa da appena 15 posti, sotto un gazebo accanto ai bagni chimici, e con un capo della comunicazione, Rocco Casalino, che non comunica: «Preferisco lavorare dietro le quinte tranquuillo e non parlare». Da o-ne-stà a, u-mil-tà?

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