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Con Gucci e Dior in passerella è uno spettacolo

Con De Michele si esibisce Jane Birkin. A passi di danza la Chiuri

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Parigi «Mi sono messo nei panni di un regista teatrale per realizzare la scena underground della moda. È stato bellissimo» dice Alessandro Michele dopo la sfilata Gucci al teatro Le Palace di Parigi. «Per fare moda oggi bisogna comunicare un'esperienza, un'emozione, qualcosa di più profondo dello schermo di uno smartphone» spiega Maria Grazia Chiuri prima del fantasmagorico show di Dior organizzato con la coreografa e ballerina israeliana Sharon Eyal in una gigantesca arena di danza costruita nell'ippodromo di Longchamp. Se due designer d'indiscusso talento alla guida creativa di storiche e potenti maison del lusso si prendono la briga di riflettere sulla rappresentazione del loro lavoro, è segno che sta cambiando qualcosa nella società. Alessandro Michele confessa di aver capito, lavorando in questo luogo della bellezza, che la moda e l'apparire possono essere potentissimi. Così nella collezione Gucci della prossima estate convivono Janis Joplin e Josephine Baker, Dolly Parton e David Bowie, Mickey Mouse e le poesie di William Wordsworth, l'alto e il basso, l'inclito e il pop: un universo semantico sconfinato da togliere il fiato. Eppure stavolta l'incredibile designer romano trova un fenomenale ordine dal caos: l'abbraccio tra ragione e sentimento. Lo show comincia con la proiezione di alcuni fotogrammi del film A Charlie Parker di Leo De Bernardinis e Perla Peregalli, due grandi artisti delle cantine romane in cui si faceva teatro negli anni Settanta, gente capace di far dialogare Shakespeare con la commedia napoletana, Lady Macbeth con Toto. Modelle e modelli entrano dal foyer, sullo schermo si dissolve l'immagine di Perla De Bernardinis che in preda alla pazzia della crudele regina scespiriana beve dal bidet. In sala si diffonde una musica pazzesca: sirene, traffico, la voce distorta di Maria Callas sull'aria del Trovatore e la terza sinfonia di Brahms con quelle sue struggenti note che parlano d'amore e dolore in parti uguali. Gli abiti sembrano fluire nei corridoi del teatro con la stessa potenza espressiva di una recita underground. C'è il classico trench maschile accanto al pantalone di pelle con paracolpi proprio là, le sneakers decorate con gioielli di bachelite decò, tantissimi tailleur, uno più bello dell'altro, per non parlare degli accessori che comprendono due stupefacenti borse in coccodrillo portate insieme, coroncine in testa anche a lui, cascate di cristalli sulle mani. Ciò che di solito ci sembra bello stavolta è bellissimo. Commovente l'esibizione di Jane Birkin che canta dal vivo Baby Alone in Babylon, brano scritto per lei da Serge Gainsbourg sulle note di Brahms. Maria Grazia Chiuri confessa di esser partita dalla danza per arrivare al corpo e alla ricerca del nostro ritmo interiore. Il suo lavoro stilistico è perfetto.

Si comincia dalla lingerie studiata per la danza ma anche per la vita: indumenti in maglina di seta che qualunque donna vorrebbe e dovrebbe avere. Poi arrivano gli abiti che non si riferiscono tanto alle famose danzatrici della storia quanto al senso della loro danza. Tulle intrecciato, piume che diventano fiori, ricami di pelle sul veli impalpabili e jersey lavorato con il senso del lusso di una maison come Dior. Le scarpe sono una straordinaria metafora delle scarpette da danza e le borse strepitose bisacce militari perché, dice Madame Chiuri, non bisogna dimenticare che il ballo è una disciplina durissima. Le modelle sfilano e i ballerini danzano accanto a loro su un set coperto di petali di rose con un fantasmagorico gioco di luci che rendono ancor più belli i corpi nascondendo però un po' troppo i vestiti. Al primo giorno di Parigi che è l'ultimo giorno di Milano si capisce che la moda sta cercando una cosa chiamata sinestesia. La fusione di tutte le arti. In quest'ottica la bella sfilata di Jaquemus è solo carina mentre la collezione di scarpe Paciotti presentata al Ritz riaccende l'orgoglio italiano (foto in basso, scarpa Paciotti). Solo noi siamo capaci di fare scarpe così.

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