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La guerra dei sindaci dividerà il Paese

Il conflitto col Viminale radicalizza lo scontro tra le fazioni ma non sposterà voti

La guerra dei sindaci dividerà il Paese

Il conflitto apertosi tra alcuni sindaci (in primo luogo Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, ma anche Giuseppe Sala, sindaco di Milano) e il ministro dell'Interno Matteo Salvini continua ad occupare molto spazio sui media e a suscitare commenti e considerazioni a favore dell'una o dell'altra parte in lizza.

Come è noto, i sindaci contestano alcune parti del decreto Sicurezza, ritenendo che siano troppo discriminanti per gli immigrati e rifiutandosi, in certi casi, di applicarle. D'altro canto, il ministro Salvini ricorda che si tratta di una legge dello Stato, ormai approvata dal Parlamento, e che non è lecito disattenderla.

Ci si può domandare se, al di là del merito della questione, il dibattito provocato da questo episodio e da questa vertenza possa influire in qualche modo sul consenso popolare nei confronti del governo o, viceversa, dell'opposizione. C'è infatti chi ha sottolineato come la protesta dei sindaci possa avere in una certa misura toccato comunque alcuni strati di elettori sostenitori del governo, in particolare tra i Cinque stelle (alcuni esponenti del movimento si sono più volte dissociati dal decreto Sicurezza), indebolendo così il favore per l'esecutivo. D'altra parte, c'è invece chi ha sostenuto che l'azione dei sindaci non ha fatto che riportare in primo piano la politica di contenimento degli immigrati, che è tradizionalmente il cavallo di battaglia di Salvini, rafforzando alla fine la popolarità di quest'ultimo.

Al momento non si dispone di sondaggi affidabili che comprovino scientificamente l'una o l'altra tesi. Si sa, da ricerche passate, che sono già emersi a suo tempo dubbi tra l'elettorato Cinque stelle riguardo al decreto Sicurezza, ma che ciò non ha comunque scalfito il sostegno all'esecutivo. È probabile che anche la polemica suscitata dalla protesta dei sindaci non abbia mutato significativamente questo stato di cose.

Più che spostare consensi da una parte all'altra e convincere elettori «nuovi» a favore del governo o dell'opposizione, la questione ha solo realisticamente rafforzato le rispettive posizioni e il senso di appartenenza di entrambe le parti. In altre parole, chi era con Salvini lo è oggi ancora di più e chi era convinto delle ragioni dell'opposizione dispone di un motivo in più per validare le proprie opinioni.

Al tempo stesso, se, come ci pare ragionevole, l'episodio in sé non ha spostato granché, occorre ricordare che, in generale, le scelte dell'elettorato non maturano in relazione a singoli avvenimenti o questioni, ma sono il prodotto di una lenta sedimentazione di impressioni e di percezioni che, spesso, solo prima delle elezioni vere proprie si trasformano in decisioni consapevoli e compiute.

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