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Guerra sui tempi in Senato Pd-5s pronti a tirare in lungo

Capigruppo senza unanimità: oggi Palazzo Madama dovrà decidere quando votare la sfiducia a Conte

Guerra sui tempi in Senato Pd-5s pronti a tirare in lungo

Si va subito in Aula. Ma solo per stabilire l'agenda dei lavori che aprirà ufficialmente la crisi di governo. Nella conferenza dei capigruppo al Senato si gioca una partita a colpi di regolamenti e cavilli per rallentare l'accelerata di Matteo Salvini sulla sfiducia a Conte. Alla fine non c'è intesa. Il centrodestra (Fdi-Forza Italia e Lega) si compatta e chiede di calendarizzare per domani 14 agosto la sfiducia all'esecutivo gialloverde. Ma non ha i numeri. L'altro blocco, M5s-Pd-Leu (che ha la maggioranza nella capigruppo), fa muro: la maggioranza Pd-Cinque stelle chiede (ottiene) una seduta il 20 agosto per ascoltare le comunicazioni del premier Giuseppe Conte e per votare poi la sfiducia all'esecutivo. Ma non c'è unanimità. E dunque il presidente di Palazzo Madama Maria Elisabetta Alberti Casellati rimette all'Aula, che si riunirà oggi alle 18, la decisione di fissare il calendario dei lavori.

In pratica, Palazzo Madama dovrà decidere se convalidare la decisione (presa a maggioranza) di convocare il Senato per il 20 agosto per le comunicazioni di Conte e la sfiducia al governo. Oppure modificare il calendario, anticipando l'esame della mozione di sfiducia (come chiede il centrodestra) nella giornata di domani 14 agosto. La Casellati si aggancia all'articolo 55, comma 3 che affida all'Aula, in assenza dell'unanimità in conferenza dei capigruppo, il potere di stabilire il calendario dei lavori: «In un momento così delicato per il paese, l'unico metro possibile da adottare a garanzia di tutti i cittadini è il rispetto delle regole», ha spiegato la presidente di Palazzo Madama. Saranno i senatori, con il loro voto, a fissare i tempi della crisi. In attesa di conoscere il calendario dei lavori, la conferenza dei capigruppo della Camera è stata spostata alle ore 19, dunque dopo il voto del Senato.

Ma sulla decisione della Casellati le opposizioni protestano. Per una ragione semplice: i senatori sono in vacanza e sarà difficile farli rientrare in fretta e furia. Il Pd ha precettato tutto il gruppo a Palazzo Madama. Andrea Marcucci, capogruppo dei dem, e Loredana De Petris (LeU) attaccano: «Convocare domani (oggi, ndr) l'aula del Senato per votare il calendario è una scelta gravissima, mai vista». Ora la partita si gioca sui numeri: tra assenze, mosse e ipotesi di abbandono per far saltare il numero legale. Le truppe del centrodestra dovrebbero essere al completo e potrebbero contare su 136 voti, a cui si potrebbero aggiungere i due del Maie, arrivando così a quota 138. Il fronte opposto sulla carta ha la maggioranza: sono 107 i senatori 5S, 51 quelli Pd e una decina quelli del Misto, fra cui i 4 senatori di LeU, per un totale di 168 voti. Restano da attribuire i 6 voti del gruppo delle Autonomie, che però in questo caso non fanno la differenza. Il Partito democratico però non può contare sul pienone in queste ore. L'unica strada per evitare rischi sarebbe quella di far mancare il numero legale. Sulla carta quest'ultimo è pari a 161 e pur immaginando qualche assenza giustificata per congedo difficile che si abbassi troppo. Se dovesse mancare il numero legale la seduta potrebbe, da regolamento, essere convocata ogni 20 minuti fino a 4 volte nello stesso giorno, per poi essere rinviata al giorno successivo, ripartendo dallo stesso orario.

Questo meccanismo si può ripetere fino a che non si raggiunga in Aula il numero legale per procedere con la deliberazione.

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