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"Ha insultato il Corano" Finisce in carcere il governatore cristiano

Politico condannato a 2 anni per blasfemia Il Paese sta scivolando nel fondamentalismo

"Ha insultato il Corano" Finisce in carcere il governatore cristiano

Sei cristiano e per di più governatore in un paese musulmano? Vai a finire dietro le sbarre per blasfemia. Il primo governatore cristiano di Giacarta, capitale dell'Indonesia, in mezzo secolo è stato condannato a due anni per aver offeso l'Islam. L'assurda «colpa» è di aver invitato gli elettori a votarlo anche se non è musulmano.

La verità è che l'Indonesia rischia di scivolare verso una deriva integralista. Basuki Tjahaja Purnama, cristiano di origine cinese, meglio noto con il soprannome di Ahok, è governatore uscente della capitale indonesiana. Purnama è stato ritenuto colpevole di avere «deliberatamente e convintamente condotto un atto criminale di blasfemia».

Lo scorso settembre in un comizio in piena campagna elettorale, davanti ad alcuni pescatori, il politico cristiano ha osato citare Al Maidah 51, il versetto di una sura del Corano. Purnama ha spiegato candidamente che ogni cittadino indonesiano può votare per chiunque, anche di religione non musulmana.

Il politico ha invitato gli elettori a non «farsi imbrogliare» da alcuni teologi musulmani che sostengono, testo sacro alla mano, il divieto assoluto di votare un cristiano. In pratica ha suggerito di non usare il versetto del Corano in «maniera sbagliata». Alla fine, però, ha aggiunto di votare secondo coscienza. Alcuni teologi musulmani difendono a spada tratta il precetto del Corano secondo il quale solo un musulmano può guidare altri islamici. L'Indonesia è il più popoloso Stato musulmano al mondo, che secondo i duri e puri dell'Islam non può scegliere un cristiano come governatore.

Ovviamente Ahok è stato denunciato dal fronte dei Difensori dell'Islam, che ha organizzato violente manifestazioni di piazza con morti e feriti incitando alla condanna del blasfemo. Dalla Siria i volontari della guerra santa indonesiani hanno lanciato una chiara minaccia via social: «Condannatelo o lo faremo noi con i proiettili».

Ahok in aula, alla prima udienza, quasi in lacrime, ha dichiarato: «Sono cresciuto tra i musulmani, non è possibile che abbia intenzionalmente insultato l'Islam, perchè ciò significherebbe mancare di rispetto alle persone che amo e apprezzo».

Il magistrato islamico Dwiyarso Budi Santiarto ha respinto la richiesta della difesa di far cadere l'accusa, in nome del rispetto dei diritti umani e di parola. In realtà Ahok è bersaglio di una doppia discriminazione. Non solo razzismo religioso, ma anche etnico per la sua appartenenza alla minoranza cinese poco amata dagli indonesiani. La condanna a due anni di ieri per blasfemia è più dura rispetto alla richiesta dell'accusa, ma inferiore alla pena massima prevista di 5 anni. Il tribunale ha chiesto l'arresto immediato del governatore, che ha perso le elezioni ed è in scadenza. All'esterno del tribunale gruppi di facinorosi islamici hanno scandito slogan di giubilo per la sentenza: «Allah è grande».

Alle oceaniche manifestazioni che chiedevano la testa del primo governatore cristiano partecipavano attivamente pure i militanti del gruppo islamista Hizbut Tahrir Indonesia (Hti), che vogliono il Califfato e l'applicazione talebana della sharia in tutto il paese. Il presidente moderato Joko Widodo, mentore del governatore cristiano preso di mira, ha sciolto il gruppo estremista il giorno prima della sentenza di condanna per blasfemia.

Non è un caso che Ahok sia stato battuto lo scorso mese alle elezioni dal candidato musulmano Anies Baswedan, ex ministro della Cultura indonesiano. Il nuovo governatore, che deve ancora insediarsi, è appoggiato da personaggi come Muhammad al-Khaththath. Il capo del Muslim Community Forum, formazione integralista, che lo scorso marzo è stato arrestato con l'accusa di voler portare a termine un colpo di Stato. Nella deriva radicale della tollerante Indonesia gioca un ruolo la predicazione wahabita dei sauditi. In marzo è sbarcato a Giacarta accompagnato da un seguito di circa mille persone, compresi 10 ministri e 25 principi, Re Salman bin Abd al Aziz al Saud con 506 tonnellate di bagagli e due ascensori. L'Indonesia ha disperato bisogno di 25 miliardi di dollari di investimenti, che valgono la «testa» del primo governatore cristiano di Giacarta negli ultimi 50 anni.

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