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Haftar non sfonda, truppe bloccate fuori Tripoli

Le colonne del generale impantanate. Ma si fa critica la situazione umanitaria: civili sfollati

Haftar non sfonda, truppe bloccate fuori Tripoli

Alla fine il generale s'è impantanato. A Tripoli praticamente non si combatte più perché da giovedì le truppe di Khalifa Haftar hanno smesso di avanzare. La loro unica azione rilevante è stata, ieri, il bombardamento di un campo militare a Zuwara, 105 chilometri ad ovest di Tripoli. Ma chi pensasse ad una vittoria militare delle milizie fedeli al premier Fayez Al Serraj peccherebbe di ingenuità. Nonostante i 56 morti fin qua accertati le reciproche avanzate e controffensive sono state segnate da disordinate scaramucce fra formazioni prive di tattiche e strategie.

Quel che ha fatto la differenza sono stati i soldi. Haftar contava di averne abbastanza per comprarsi buona parte dei gruppi armati di Tripoli prima dell'arrivo di Misurata. Invece le assicurazioni di Turchia e le garanzie del Qatar, pronto a firmare assegni in bianco agli alleati della capitale, hanno impedito all'uomo forte della Cirenaica di mettere a segno la sua missione. Questo non significa che la situazione stia tornando alla normalità. La situazione è largamente compromessa soprattutto a livello umanitario.

Nella capitale assediata stentano ad arrivare gli aiuti mentre aumenta il numero degli sfollati. Le persone costrette a lasciare le loro abitazioni sono 9500 dall'inizio degli scontri, mentre attualmente sono 3500 quelle ancora bloccate nelle aree interessate dai combattimenti. «La comunità umanitaria spiegava ieri un comunicato delle Nazioni Unite a Tripoli - rimane gravemente preoccupata per la sicurezza dei civili bloccati nelle aree colpite dal conflitto alla periferia di Tripoli». L'Onu sostiene ci aver ricevuto nelle ultime 24 ore la «segnalazione di almeno 3500 civili in grave pericolo», ma sottolinea come la presenza delle bande armate e la vicinanza delle linee di combattimento renda molto complessi interventi e soccorsi. «Le richieste di evacuazione verso zone più sicure di Tripoli di almeno 3.250 persone non hanno potuto ricevere risposta. Questo significa che 9 famiglie su 10 che hanno chiesto di essere evacuate non possono essere raggiunte». In tutto questo i contendenti continuano a non rispondere agli appelli della comunità internazionale che preme per raggiungere una tregua umanitaria anche temporanea in modo da consentire la fornitura di servizi di emergenza e il trasferimento volontario dei civili dalle aree di conflitto.

La situazione più preoccupante per l'Italia è quella dei circa 6mila migranti detenuti nei centri di soccorso del governo. Un perdurare della situazione di guerra latente rischia di rimettere in gioco i trafficanti di uomini, favorendo il passaggio dei migranti detenuti nelle loro mani e rendendo più difficili le operazioni della Guardia Costiera libica. Insomma più tarda la tregua più rischiamo un nuovo esodo. Anche perché se i migranti conteggiati ufficialmente sono seimila nessuno sa quanti siano quelli ancora prigionieri dei centri di detenzione illegale.

Ovvero quelli già a disposizione dei trafficanti di uomini.

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