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Hong Kong, ancora scontri tra polizia e ribelli I blindati cinesi in marcia verso l'aeroporto

Blitz nello scalo. L'esercito di Pechino pronto a intervenire. L'Ue: stop violenza

Hong Kong, ancora scontri tra polizia e ribelli I blindati cinesi in marcia verso l'aeroporto

I ribelli per la democrazia di Hong Kong hanno bloccato per il secondo giorno di fila l'aeroporto internazionale scontrandosi con la polizia, che per la prima volta è intervenuta nello scalo. E ieri è arrivato l'allarme di Donal Trump: «Spero che nessuno resti ucciso». Il presidente americano ha puntato il dito contro Pechino: «La nostra intelligence ci ha informato che il governo cinese sta spostando truppe al confine con Hong Kong».

A ridosso dell'ex colonia britannica sono arrivati da lunedì decine di camion e blindati della polizia militare. Ufficialmente per esercitazioni a Shenzen, ma potrebbero intervenire per stroncare le manifestazioni, che stanno paralizzando l'hub finanziario. Per farlo devono ricevere una richiesta ufficiale da Carrie Lam, l'impopolare leader dell'esecutivo di Hong Kong voluta da Pechino, che ha avvisato: «Siamo ad un punto di non ritorno».

Nella «battaglia» di ieri all'aeroporto migliaia di manifestanti vestiti di nero e seduti per terra hanno bloccato gli accessi ai voli, dopo che lo scalo era riuscito a riaprire in mattinata. Almeno una decina di autobus zeppi di poliziotti sono intervenuti per liberare la zona delle partenze. Gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni e utilizzato spray urticanti. I giovani ribelli hanno eretto barricate per fermare la polizia e trattenuto per ore due uomini. Il primo, secondo i manifestanti, era un agente sotto copertura, che fatto «prigioniero» è pure svenuto. L'altro è un giornalista del Global Times, il giornale in lingua inglese legato al Partito comunista cinese, che ieri ha postato sul suo sito le colonne di mezzi della polizia militare dirette verso Shenzen ad un passo di Hong Kong. Ambedue i «prigionieri» sono stati alla fine rilasciati e la polizia sembra avere battuto in ritirata, secondo la Cnn.

Ieri mattina la «governatrice» Lam scossa e sull'orlo del pianto ha dichiarato: «Gli eventi che hanno avuto luogo la scorsa settimana stanno cambiando la nostra società, che è diventata pericolosa e instabile. La violenza e la connivenza spingono Hong Kong in un punto di non ritorno».

E ha aggiunto: «L'aeroporto paralizzato, gli assalti alle stazioni di polizia, le bombe molotov e gli attacchi con fumogeni hanno fatto precipitare Hong Kong nel caos». Sembra quasi l'annuncio di un possibile pugno di ferro con l'appoggio delle truppe inviate da Pechino alle porte dell'ex colonia britannica. Non a caso l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha condannato l'uso eccessivo della forza da parte della polizia. Anche se nessuno manifestante è rimasto ucciso sono 700 le persone arrestate che rischiano fino a 10 anni di carcere per «partecipazione a rivolte» pro democratiche.

L'Unione europea ha fatto appello alla calma e al negoziato: «É cruciale che tutte le parti esercitino moderazione, rifiutino ogni tipo di violenza ed adottino misure urgenti per far rientrare l'escalation».

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