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I 5 Stelle hanno cambiato idea anche sulla Cina. Ecco cosa dicevano prima

Il Movimento Cinque Stelle oggi è uno dei maggiori sostenitori dell'apertura dell'Italia alla Nuova Via della Seta. Ma quando i cinesi facevano l'ingresso in Terna, non la pensavano allo stesso modo

I 5 Stelle hanno cambiato idea anche sulla Cina. Ecco cosa dicevano prima

Il Movimento Cinque Stelle è il partito di governo che preme in maniera maggiore per l'apertura dell'Italia alla Cina.

Con l'avvicinarsi della visita di Xi Jinping in Italia, il governo sembra essersi diviso sulla possibilità di firmare un accordo con Pechino: il cosiddetto Memorandum of Understanding. E se la Lega frena da tempo, paventando anche i rischi di un ingresso cinese nelle infrastrutture strategiche italiane (come chiedono anche Nato e Stati Uniti), da parte pentastellata invece ci sono forti pressione per coinvolgere l'Italia nella Nuova Via della Seta.

Ma il Movimento Cinque Stelle è sempre stato così filo-cinese come lo è in questo momento? Ci sono parecchi dubbi a riguardo. E come sempre, esisteva un M5S prima e dopo l'esecutivo di Giuseppe Conte: uno d'opposizione e uno di governo. Uno incendiario e uno, se vogliamo, pompiere. E per capirlo, basta tornare indietro di qualche anno, quando i pentastellati erano all'opposizione e al governo c'era il Pd di Matteo Renzi.

In un post dei parlamentari grillini del luglio 2014 sull'ingresso cinese in Terna, si legge: "Quando si parla di sovranità, si parla anche degli asset strategici più delicati e delle attività chiave di un Paese". Ma poi continua attaccando direttamente Pechino: "Eppure stavolta la cosa è quanto mai scandalosa: non solo si svende una parte di un asset strategico energetico, non solo tale asset è in attivo e porta denaro nelle casse del Paese, ma sapete a chi lo si svende? Ai cinesi".

Insomma, a quel tempo il Movimento era molto meno aperto alla Cina di quanto lo sia oggi. Anzi, guardava con orrore alla possibilità che i cinesi facessero il loro ingresso in un'azienda strategica italiana. Anzi, i grillini dicevano sul punto: "Il governo si è però convinto che serve anche un socio forte, forse perché tanta sovranità rimane davvero troppo indigesta". E attaccava il ministro Pier Carlo Padoan colpevole di essere "andato in pellegrinaggio a Pechino per chiudere l'accordo con i cinesi di State Grid Corporation of China". Quindi Padoan andava in "pellegrinaggio", mentre quando Luigi Di Maio andava in Cina a trattare con il governo del gigante asiatico, lo faceva in qualità di rappresentate di un governo che non può rifiutare i trattare con Pechino.

Tutto? No. C'è anche dell'altro. "Governi stranieri sulla rete elettrica italiana, sulle informazioni che su essa viaggiano, e anche sui dati sensibili della clientela, che riguardano tutta la comunità nazionale. Normale amministrazione: il Paese e i suoi abitanti hanno da tempo perso ogni valore, mentre le loro ricche proprietà vengono svendute a destra e a manca". Insomma, il timore di un ingresso cinese nella rete elettrica italiana e le informazioni era un problema, lo stesso discorso fatto oggi da chi si oppone, ad esempio, a Huawei in Italia per la rete 5G.

Ma ora le cose sembrano cambiate: ancora una volta.

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