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I distinguo di Gentiloni: "Lotta a Isis, non guerra"

Bizantinismi alla Farnesina: "Dobbiamo combattere i terroristi sul piano militare, ma senza entrare in una dinamica di conflitto"

I distinguo di Gentiloni: "Lotta a Isis, non guerra"

C'è una frase, nell'intervista concessa questa mattina dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a La Repubblica, che colpisce: "Dobbiamo combattere i terroristi sul piano militare, ma senza entrare in una dinamica di conflitto."

Proviamo a metterci nei panni del cittadino comune: cosa diavolo vorrà dire, il titolare della Farnesina? Gentiloni ammonisce di non abusare della parola "guerra", quasi che i conflitti scoppiassero o meno nel momento in cui si accetta di chiamarli col loro nome.

Dalle sue parole, però, si evince - e non è un bello spettacolo - l'immagine di un'Italia che voglia quasi disimpegnarsi dall'intervento boots on the ground, sul terreno: facciamo la guerra al terrorismo ma senza fare la guerra, combattiamo ma senza armi, mobilitiamo i militari ma non le forze armate. Formule ambigue, prese di posizione sfumate, bizantinismi semantici. Torna alla mente l'Italia del 1939, che per non entrare in guerra al fianco dell'alleato tedesco (e Dio solo sa quanto sarebbe stato meglio non allearcisi) coniò l'astrusa formula della "non belligeranza": combattiamo, ma senza guerreggiare.

Anche un bambino capirebbe che le bombe di Parigi non sono una dichiarazione di guerra, ma sono già un atto di guerra. Peccato che la guerra non sia come l'amore e non occorra essere in due, per farla. A leggere le parole di Gentiloni, invece, sembra quasi che all'Occidente (e quindi all'Italia) non si possa muovere guerra senza permesso. "Parlare di guerra è un errore" e la guerra svanisce, come per incanto.

Aggrapparsi al fatto che la Francia si giustificata a parlare di guerra ma noi no, sostenere che per noi vale un altro discorso, è solo codardia. I terroristi non hanno mai fatto differenza, né la fanno né la faranno, tra Parigi e Roma. Come non l'hanno fatta tra Madrid e Londra e New York. Vogliono colpire il nostro stile di vita e la nostra libertà: aspettiamo che le stesse libertà che condividiamo con i francesi vengano colpite anche sul nostro territorio, per poter parlare di guerra?

Nella "morale dell'opera" posta al termine della sua "Storia della Seconda Guerra mondiale", Winston Churchill (che quella guerra la profetizzò e la vinse) scriveva: "In guerra: decisione. Nella disfatta: fermezza. Nella vittoria: magnanimità. Nella pace: buona volontà".

È di decisione che l'Italia e l'Europa avrebbero bisogno, nella guerra attuale. Non di inutili circonlocuzioni che aggirano i problemi senza risolverli.

@giovannimasini

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