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I giornaloni mollano Renzi E lui fa la vittima: voglio verità

Il segretario Pd nel salotto di Giletti: «Basta pettegolezzi» Ma pure «Repubblica» e «Corsera» chiedono chiarimenti

Twitter / ‏ @ArenaGiletti
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Roma Affaire Etruria: al bando i pettegolezzi, viva la verità. Fa bene a pretenderlo nel salotto tv di Giletti, l'ex premier che «non deve chiedere mai» (come quel ganzo di una marca di profumi). Meglio farebbe, Matteo Renzi, a farsi però qualche domanda e darsi da sé qualche risposta. Tenere in esercizio la memoria fa miracoli, anche sui quaranta; e poi un po' d'analisi della situazione potrebbe giovare a non ficcarsi in altri pasticci.

Non occorre, anzi rischierà di tramutarsi in lancio di boomerang nella nebbia, la commissione d'inchiesta che tutti reclamano. Segretario del Pd compreso: «Dal mio governo non ci sono stati favoritismi, noi quei Cda li abbiamo commissariati. Facciamola, la commissione d'inchiesta, non fondiamo la Repubblica sul pettegolezzo e il sentito dire. Andiamo a vedere le carte. Voglio la verità...». Ma Renzi ha ancora il dente avvelenato con Ferruccio de Bortoli, che nel suo ultimo libro ha rilanciato lo scandalo raccontando come la Boschi si sia occupata, eccome, della banca di cui era vicepresidente il papà. «Bellissima operazione di marketing», minimizza il piccatissimo Matteo. Dimenticando che il silenzio di Unicredit e la oramai quasi ammissione di una delle fonti di de Bortoli, l'ex ad Ghizzoni («normale parlarsi tra politici e banchieri»), fa ricadere sulla Boschi come «macigno» le ricostruzioni del libro.

Se ne accorgono finalmente anche i due maggiori quotidiani italiani: ciascuno, a modo suo, imbarazzato dal caso. La Repubblica, che comincia una lenta manovra d'allontanamento da Renzi, almeno sul tema, e ospita in prima pagina un commento di Massimo Giannini (vecchia e sgradita conoscenza di Matteo) per puntare il dito sui «troppi silenzi» racchiusi nel cosiddetto «Giglio magico». E l'ex quotidiano diretto da de Bortoli, il Corriere della Sera, sul quale si assiste a un radicale cambio di linea a proposito della vicenda. Causato di sicuro dallo scriteriato attacco di Renzi a de Bortoli, ma anche da una settimana difficile, nella quale era come se si avvertisse il peso delle diverse quote bancarie nel boarding. Così che mercoledì il giornale era l'unico a escludere dalla «prima» la notizia sgradita a Renzi, pur provenendo dal suo ex direttore e attuale editorialista (pezzo a pagina 10, pressoché invisibile, «tagliato» sullo scontro Pd-M5S invece che sulla Boschi). Giovedì un piccolo richiamo di «taglio» in prima esaltava un (inesistente) vertice a Palazzo Chigi tra Gentiloni e Boschi (sai la novità: ma serviva per dare l'idea di compattezza nel governo). Venerdì: ancora totale assenza dalla prima pagina e pezzo interno sui legali della Boschi. Sabato: un Delrio venuto a confondere le acque. Infine ieri, quando il sempre asciutto direttore Luciano Fontana veniva tirato per i capelli alla difesa di de Bortoli. «Si prendono strade laterali per non rispondere a interrogativi molto chiari e semplici», esordiva partendo (nientemeno che) dal rapporto tra informazione e potere. Per arrivare poi a definire «incredibile» l'attacco di Renzi, il cui rapporto con l'informazione «è, per usare un eufemismo, complicato». Infine un capoverso che suggeriamo a Renzi: «... le inchieste e le intercettazioni dimostrano che intorno al salvataggio (di Etruria, ndr) si mossero personaggi con un passato non raccomandabile (tra gli altri, il faccendiere Carboni, ndr). In quei giorni si raccontava... ( che) a molti soggetti e investitori, anche stranieri, fu chiesto di intervenire... Accadeva sempre questo: esaminavano le carte, facevano alcuni incontri e poi si ritiravano dopo aver conosciuto i personaggi e gli interessi strani che pesavano in quel piccolo mondo».

Ecco: è questo uno di quei «tarli» che ronzano nelle orecchie di Renzi. Magari lo aiutano a ricordare qualcosa.

O qualcuno.

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