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I grandi armatori greci pronti a salpare per i paradisi fiscali

AteneSe Tsipras metterà le tasse sugli armatori? Il giorno dopo fuggiranno via alle Cayman, lasciando per strada 250mila lavoratori greci: altro che due miliardi e mezzo di euro, così come c'è scritto nella lettera di intenti consegnata all'Eurogruppo. Il telegramma è stato spedito dalle maggiori compagnie greche all'indirizzo del premier, di cui tra l'altro uno degli grandi elettori è Vanghelis Marinakis, presidente della squadra di calcio dell'Olympiacos Pireo e soprattutto partner di Aristides Alafouzos. Quest'ultimo è il fondatore della Argonautis ltd. che controlla Shell Sea, Sea Pearl Enterprises, Zenith Maritime, Corporation Bigael, Kyklades marittime. Uno dei cinque oligarchi che muove un mercato marittimo da svariati miliardi di euro, assieme a Stavros Niarchos, uno degli uomini più ricchi del mondo e storico rivale di Onassis; Vardis Vardinoyannis, anima della Motor Oil Hellas, proprietario del Panathinaikos e amico del clan Kennedy; Dimitris Melissanidis, proprietario dell'Aegean Marine Petroleum, azionista del Totocalcio Opap e patron della squadra dell'Aek; e appunto lo stesso Alafouzos che, tra le altre cose, possiede il canale privato Skai oltre a radio e giornali di vario genere. Proprio nel Pireo di Marinakis, Tsipras ha trovato la sua roccaforte di voti con la governatrice dell'Attica Rena Dourou e soprattutto con il neo sindaco Iannis Moralis, che è numero due di Marinakis nell'Olympiacos.

Non è chiaro quindi se quella patrimoniale, portando nelle casse dello Stato i 2,5 miliardi che Tsipras auspica, potrebbe farne perdere il giorno dopo anche di più come mancate commesse proprio per la fuga delle maggiori compagnie. E sempre ammesso che l'erario ellenico decida di funzionare, visto e considerato che al novembre scorso il Fmi certificò che le mancate entrate per il 2014 ammontavano a un miliardo al mese.

La flotta mercantile greca è da un secolo al vertice del pianeta. Solo all'alba della crisi ha perso il primato in favore del Giappone, per poi riagguantarlo nel 2013 forte di quasi dieci miliardi di euro di investimenti fatti. Tsipras ha promesso di tassarli. Ma l'Iva agevolata a loro carico e l'esenzione fiscale sui profitti generati all'estero è garantita da una legge costituzionale che porta la data del 1967. Per cassarla sarebbe necessaria una modifica costituzionale, che nel suk parlamentare si traduce in una maggioranza qualificata da presentare per due legislature continuative: possibile, ma abbastanza irrealistico visto che un mese fa per formare il governo Syriza si è appoggiata ai destrorsi dell'Anel.

Un altro annuncio senza coperture insomma, al pari di quelli fatti in campagna elettorale. Vinte le elezioni Tsipras, mentre diceva che «la troika è il passato, il voto contro l'austerità è stato forte e chiaro», prometteva nel primo cdm di restituire la tredicesima alle pensioni minime, alzare il salario minimo e la sanità gratis ai poveri. Solo il salario minimo potrà essere (forse) realizzato ma solo dopo il nulla osta della nuova troika (Draghi­Lagarde­Moscovici).

Il tutto mentre si avvicina lo showdown per il ministro Varoufakis: dal 3 al 20 marzo la Grecia dovrà iniziare a onorare una serie di impegni finanziari per totali 7 miliardi. Sette miliardi, proprio i proventi della nuova manovra. Ovvero un'altra partita di giro che non risolve a monte il buco.

Ma la sua retromarcia, paradossalmente, era stata anticipata dal partito comunista Kke: il segretario Dimitis Kutsoumbas a spoglio ancora in corso (era il 25 gennaio) disse alle agenzie che «con Tsipras non cambierà nulla» e che Syriza «continuerà le politiche di austerity». Chapeau.

twitter@FDepalo

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