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I grillini vogliono mettere le mani anche sul David

Nella controriforma di Bonisoli, la Galleria dell'Accademia finirebbe sotto il controllo del ministero

I grillini vogliono mettere le mani anche sul David

A Firenze è già scoppiata la rivoluzione: giù le mani dal David. E barricate alzate contro la riforma del ministero della Cultura firmata dal pentastellato Alberto Bonisoli che lancia un siluro al modello varato nel 2014 dall'allora ministro Dario Franceschini e mette nel mirino l'autonomia gestionale di quattro musei tra cui la Galleria dell'Accademia del capoluogo toscano. Dove, appunto, è ospitata l'opera del Michelangelo. A far scattare l'allarme in riva all'Arno sono state le bozze del decreto che devono essere consegnate entro il 30 giugno: nell'elenco dei musei autonomi, dieci di livello dirigenziale generale e 18 di livello dirigenziale non generale, l'Accademia non c'è più.

Nel testo non si precisa, inoltre, se il provvedimento avrà conseguenze per i direttori, tutti nominati per concorso. Compresa la direttrice della casa del David, la tedesca Cecilie Hollberg (dal suo arrivo, i visitatori sono aumentati del 22% superando il milione e settecentomila presenze all'anno). Resta incerto anche il destino di Eike Schmidt agli Uffizi e Paola D'Agostino al Bargello, vincitori di un concorso internazionale nell'estate di quattro anni fa e teoricamente rinnovabili per un secondo mandato, ma anche delle sovrintendenze e delle direzioni istituite sotto il governo Renzi, anch'esse in scadenza. Per quanto riguarda i direttori in scadenza «ci stiamo già lavorando, per alcuni abbiamo già preso una decisione», ha spiegato Bonisoli, a margine dell'inaugurazione di Pitti Uomo a Firenze.

Nel frattempo, i grillini brindano anche all'ingresso dello storico dell'arte fiorentino Tomaso Montanari nel consiglio scientifico della Galleria degli Uffizi, nominato direttamente da Bonisoli in sostituzione del dimissionario Alessandro Nova. Montanari, che Virginia Raggi avrebbe voluto come assessore alla Cultura di Roma e che Di Maio a inizio 2018 avrebbe voluto come responsabile dei Beni culturali nella squadra di governo, già plaude alle regole più strette per la gestione dei prestiti e dei permessi all'esportazione delle opere così come ai cambiamenti che sembrano rafforzare i vincoli di tutela.

L'obiettivo della «controriforma» è quello di riportare a Roma i cda anche dei musei autonomi spostando al Ministero le scelte più importanti in materia di bilancio e dunque le scelte strategiche delle istituzioni museali. «I musei avranno un'approvazione del bilancio che sarà direttamente collegata al Ministero e non sarà più delegata a un cda, di cui, per quello che ho visto, non ho verificato l'efficacia», ha confermato ieri Bonisoli.

Fa, dunque, discutere il rafforzamento della «macchina amministrativa» del Mibac con molti più poteri e funzioni che dovrebbero far capo al segretario generale, di fatto il numero uno amministrativo del Ministero fondato da Giovanni Spadolini, che adesso si ritrova da «primus inter pares» a «dominus».

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