Cronache

I lupi sono tornati sulle Alpi. E i turisti ululano di piacere

In arrivo l'esito del censimento che conferma il miracolo: i branchi hanno riconquistato le montagne italiane. In pace con l'uomo, inclusi 20.000 visitatori

I lupi sono tornati sulle Alpi. E i turisti ululano di piacere

Lo spiazzo tra i faggi, di notte, dev'essere come piazzale Maciachini a Milano all'ora di punta. Un luogo supertrafficato quassù nel mezzo della foresta della val Pesio, nel Cuneese. Sulla neve hanno lasciato l'autografo tutti: cervi, caprioli, camosci, lepri, pernici, volpi, cinghiali… E lupi. Zoccoli e zampette d'ogni misura. Tracce appena accennate di bestiole tutto pelo; buchi profondi, di esemplari corpulenti. Eppoi scarabocchi infantili a testimoniare giochi e balzi nel chiarore della luna invernale; ma potrebbero anche essere, questi, i segni d'una fuga scomposta, nel terrore dei lupi, sopraggiunti con la loro implacabile disciplina assassina: le impronte del branco sono precise, in linea retta, come una pattuglia militare.

«La neve è la mia lavagna» sussurra Francesca Marucco, 40 anni, ritenuta tra i maggiori esperti internazionali del lupo, coordinatrice del «Progetto Lupo» in Piemonte che ha fatto scuola nel mondo per il livello raggiunto di convivenza tra l'animale simbolo del selvaggio e l'uomo contemporaneo, allevatore, montanaro o turista che sia. Un successo che ha indotto l'Ue a finanziare con sette milioni di euro un programma transfrontaliero, ma a guida soprattutto italiana, che ora riguarda tutte le Alpi, il Life Wolf Alps, e che vede, appunto, Francesca come punto di riferimento d'uno squadrone di duecento tra guardie forestali e guardie parco per il censimento dei lupi sull'intero arco alpino.

«Le Alpi secondo i miei colleghi del Montana» spiega la bionda zoologa «sono la nuova frontiera del rapporto uomo-natura, una sfida culturale ed epocale. Perché il lupo è un superpredatore, nostro concorrente, ma anche la specie chiave per l'equilibrio dell'ecosistema, portatore eccezionale di biodiversità soprattutto per negli ambienti condizionati dall'uomo oltre che brand ideale per generare ecoturismo». I risultati del censimento, previsti per la fine d'aprile, potrebbero diventare, in un mondo sempre più ambientalista e animalista, un fatto storico perché con tutta probabilità i numeri indicheranno il ritorno del lupo su tutto l'arco alpino ai livelli di due secoli fa - una crescita della popolazione che la rivista Science ha appena stimato, anche grazie ai rapporti della Marucco, dell'11 per cento l'anno.

I dati del 2012 parlano di 35 branchi, per un totale all'incirca di 180 esemplari distribuiti soprattutto sulle Alpi Occidentali. Ma le cifre che si stanno elaborando ora racconteranno anche un evento straordinario nella storia dell'uomo: perché, nonostante i mugugni degli allevatori e i tuttora frequenti casi di bracconaggio (21 i cadaveri causa avvelenamento scoperti negli ultimi due anni solo sulle Alpi Marittime), sanciranno il patto di coabitazione «strategica» tra il lupo e la pecora. Esopo e Fedro oggi dovrebbero cambiare repertorio.

China sulla neve, come un investigatore sulla scena del crimine o un filologo sul manoscritto, Francesca compie sull'impronta un gesto con indice e pollice che ricorda - riflesso mentale della civiltà tecnologica - il «pinch» sull'iPad. Improvvisamente trattiene il respiro, e guarda oltre verso la forra boscosa. E in questo mattino gelato, immobile, il silenzio della natura diventa innaturale, atemporale, quasi sinistro. Sapere che là da qualche parte ci sono loro, i lupi, ti riporta a un ancestrale anno zero, a quand'erano emblema di tutte le forze oscure; senti in faccia l'alito dell'istinto, sulla schiena un brivido che viene da lontano. Il lupo è ancora la nostra ossessione metafisica, l'archetipo d'una natura intatta che l'ha attratto fin quassù, proprio mentre la montagna si spopola e s'inselvatichisce. La civiltà smobilita e lui arriva con il suo infaticabile trotto a riconquistare il maltolto. «Fratello lupo» è tornato sulle Alpi Occidentali negli anni Novanta, giunto «per dispersione» dagli Appennini, individui usciti dal branco a giocarsi la sorte con l'ambizione di diventare animali alpha. Oggi in Piemonte, grazie al programma di protezione e di coabitazione con gli allevatori, ci sono almeno una ottantina di esemplari.

Francesca da allora ne ha seguito il radicamento, ha schedato bestia dopo bestia, Dna, alimentazione, spostamenti, amori...: potrebbero diventare storie alla Jack London, ma la zoologa torinese evita, con pudore di scienziata, lo sconfinamento nel romanzo d'avventura. Anche quando racconta delle uscite nelle notti di fine estate, con figli piccoli e marito (tecnico della conservazione al Parco del Marguareis), a ululare sulle cime, ricambiata dai lupacchiotti: «Si chiama wolfhowling, serve a contare le nuove nascite». Ma l'oro della lupologa, ciò che le fa luccicare gli occhi, sono gli escrementi, i quali, anche se chiusi in centinaia di provette, impregnano d'un adore acre e pungente il moderno centro faunistico di Entracque, in valle Gesso, dove Francesca guida un'equipe di cinque giovani studiose e dove sorge anche il centro Uomini e Lupi che genera oltre 20 mila turisti l'anno, anch'esso modello copiato nel mondo: «Le cacche dei lupi parlano. Non hanno segreti» dice. «Per esempio dimostrano come nella dieta di questo predatore gli animali domestici occupino neanche il 5 per cento». Un dato scientifico determinante nelle trattative con i pastori per convincerli ad accettare - con un piano di prevenzione e risarcimenti per i capi sbranati - anche i diritti dell'atavico nemico e a sottoporsi a questo straordinario esperimento bio-antropologico. Le feci dei lupi di tutto l'arco alpino spediti ai laboratori del Carnivore Genetic Lab del Montana, generano che provano come, per esempio, M100 abbia percorso minimo 521 chilometri, dalla val Casotto nelle Alpi Liguri fino in Baviera, dove è stato investito da un'auto.

Francesca spiega com'è vivere da lupo. I branchi, una media di cinque esemplari, occupano circa 250 chilometri quadrati ciascuno e quindi una delle leggende da sfatare è quella che in un territorio ci possa essere un'«invasione» - non serve urlare “al lupo, al lupo!”… sono loro stessi a regolare la popolazione e se necessario ad eliminare gli individui superflui. Comandano il maschio Alpha e la femmina Alpha, solo loro possono accoppiarsi. Chi non è ritenuto adeguato deve lasciare il branco. E va in dispersione, diventa lupo solitario, che nell'85 per cento dei casi vuol dire morte sicura. Ma se ce la fa, fa la storia. Come M15, partita dalla val Gesso e arrivata nel Veronese nel parco dei monti Lessini, dove ha incontrato un maschio ramingo dalla Slovenia, Slavc e Giulietta li hanno chiamati. Sono diventati due Alpha e guidano un branco di almeno cinque esemplari.

Non resta che augurare a loro il classico in bocca al lupo.

Commenti