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I magistrati e gli illeciti che copiano i peccati Ecco quello di protervia

Non solo "traffico di influenze", la Corte dei conti lancia un'altra formula creativa

I magistrati e gli illeciti che copiano i peccati Ecco quello di protervia

Dentista notissimo. Professore universitario e primario al San Gerardo di Monza. Pioniere nell'utilizzo delle cellule staminali per contrastare le malattie paradentali. Ma evidentemente troppo desideroso di monetizzare la propria abilità . La Corte dei conti della Lombardia scolpisce con parole efficaci e durissime la figura di questo cattedratico: «Dolo di protervia». Dove l'illecito ha i tratti drammatici e quasi irredimibili del peccato mortale. Tre parole che sono la pesantissima didascalia sotto il monumento «all'autorevolezza scientifica», l'espressione è coniata dalla stessa magistratura contabile, del camice bianco che per quattro anni, dal 2011 al 2014, ha violato le regole aprendo uno studio privato e raggiungendo fatturati stellari. Quasi sette milioni di euro.

Numeri impressionanti, da industria, ma che fanno a pugni con gli impegni presi a suo tempo, quando il luminare si era impegnato a lavorare a tempo pieno per l'ospedale di Monza e l'università di Milano Bicocca. Eppure la catena di montaggio, aperta contro le regole, è andata avanti per un quadriennio finché il doppio regime «abusivo» è stato scoperto da un controllo dei Nas. E ora la sentenza si abbatte con furia linguistica, raffinata ma forse sopra le righe, sul docente trasformandolo con quell'immagine quasi dantesca nell'icona dell'arroganza che disprezza le leggi e le piega alla propria convenienza e al proprio tornaconto: «Disattendere e aggirare il limpido e univoco quadro normativo in materia, non trova giustificazioni, scusanti o esimenti sotto alcun profilo, configurando un vero e proprio dolo di protervia, ascrivibile a chi pur avendo effettuato una volontaria e testuale scelta per il regime intramoenia non vi si conformi doverosamente».

Insomma, la colpa del professore è quella di aver giocato su due tavoli, firmando un'esclusiva a tempo pieno con l'ospedale e l'università, che infatti lasciano spazi per la professione privata, ma poi aprendo una struttura in concorrenza con gli stessi. Nessuna evasione fiscale, per capirci, ma semmai una truffa, reato per cui il professore era stato indagato dalla Procura in un'indagine poi archiviata.

In ogni caso il primario - prosegue il verdetto - «ha cumulato illegittimamente benefici economici retributivi di status a tempo pieno e di esclusiva intramoenia, con attività esterne espletabili semplicemente, legittimamente optando per altro regime a tempo definito, extramoenia». Al di là delle formule latineggianti e un tantino ostiche, si capisce che il primario si considerava un talento al disopra della norma e come tale si comportava. Sommando l'intramoenia all'extramoenia.

Ora arriva il conto. Salatissimo e in linea con gli incassi record del luminare. Il professore dovrà versare all'Università di Milano Bicocca 3.970.169,46 euro a fronte di un fatturato complessivo, nel quadriennio sotto esame, di 6.971.324,77 euro. Non basta perché altre voci, a cominciare dal danno patito dal San Gerardo, vengono conteggiate dai giudici contabili nel verdetto. Importi molto meno rilevanti, ma il totale supera ampiamente il muro dei 4 milioni di euro. Con ogni probabilità il dentista cercherà di fermare la macchina dello Stato, giocando la carta dell' appello. Si vedrà. Resta quella definizione, «dolo di protervia», che sembra figlia dell'indignazione, la interpreta e quasi la cavalca.

Fino a marchiare, ai confini fra diritto e etica, il condannato.

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