Cronaca nera

I Mastropietro senza pace. Morto il papà di Pamela: trovato in casa dopo giorni

Stefano aveva 44 anni. L'ipotesi del malore, disposta l'autopsia. La moglie: "I miei angeli"

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Trovato morto in casa Stefano Mastropietro, padre di Pamela, la ragazza uccisa nel 2018. L'uomo, 44 anni, è stato trovato ieri mattina riverso sul pavimento nel suo appartamento di via Niobe, all'Anagnina, a Roma. Ed è giallo sulla sua morte: da un primo esame medico legale potrebbe essere stato colto da malore e caduto a terra battendo la testa. La polizia scientifica ha rilevato numerose tracce di sangue sul posto tanto che la Procura ha aperto un fascicolo e disposto l'autopsia. A dare la drammatica notizia l'ex moglie, Alessandra Verni, dal suo profilo Fb: «Almeno tu ora puoi riabbracciarla! Vi mando un grandissimo abbraccio angeli. Amore di mamma accogli il tuo papà tra le tue braccia».

Secondo gli inquirenti la morte risalirebbe ai giorni scorsi, almeno tre. I primi ad apprendere la notizia sono gli operatori della comunità in provincia di Macerata dove viveva la 18enne massacrata di coltellate e fatta a pezzi da Innocent Oseghale, e per questo condannato all'ergastolo. Un uomo che ha sempre difeso l'onore della figlia adolescente, Stefano, attaccata duramente sui social per la sua tossicodipendenza. Un dramma che la ragazzina cerca di superare nella comunità marchigiana da cui, però, si allontana per cercare uno spacciatore. Un mostro che la violenta, la uccide e la fa a pezzi. È il 21 gennaio 2028 quando la mamma, Alessandra si reca a Macerata per incontrarla. «L'ultima volta che ci siamo abbracciate, senza saperlo», scrive ieri postando una foto che la ritrae con Pamela sorridente. Una storia agghiacciante che inizia il 30 gennaio 2018 quando la 18enne, in fuga da Corridonia, ha la disgrazia di incontrare un pusher nigeriano ai Giardini Diaz, Oseghale, all'epoca dei fatti 28enne. Lui, clandestino, spaccia droga, lei la cerca. Assieme vanno nell'appartamento dello straniero, in via Spalato. Pamela ne uscirà ore dopo smembrata e nascosta in due trolley. Il giorno dopo un passante vede le due valigie in un fossato. Ne apre una, quello che vede lo ricorderà per tutta la vita. Gli investigatori arrivano subito all'assassino. In casa c'è il sangue di Pamela. L'uomo si difende: «Ci siamo fatti, abbiamo fatto sesso, poi lei è andata in overdose. Non l'ho uccisa io». L'autopsia parla chiaro: lo smembramento del corpo inizia quando Pamela è ancora in vita. A inchiodare Oseghale il suo dna rinvenuto sulle mani e sotto le unghie della vittima nonostante il lavaggio chimico. C'è poi la testimonianza del suo compagno di cella, l'ex boss Vincenzo Marino. L'uomo racconta particolari che può conoscere solo chi l'ha uccisa. Le accuse sono di omicidio volontario aggravato, smembramento e occultamento di cadavere, violenza sessuale aggravata.

«Pamela è stata ammazzata a coltellate, divisa in parti, decapitata, scuoiata, esanguata, scarnificata, privata di tutti i suoi organi interni, lavata con la candeggina con particolare cura, addirittura dentro la cervice uterina», spiega lo zio e difensore della famiglia Mastropietro, Marco Valerio Verni. Una giovane eroinomane e borderline, Pamela.

«Basta, lasciate in pace mia figlia - scriveva Stefano dopo lo sfregio a una scultura eretta in suo ricordo - potete offendere, colpevolizzare noi genitori ma lasciate stare lei».

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