Cronache

"Via i migranti della Diciotti". Rocca di Papa sotto assedio

Secondo giorno di scontri tra canti partigiani e saluti romani davanti al centro che ospita i 100 clandestini

"Via i migranti della Diciotti". Rocca di Papa sotto assedio

Rocca di Papa: migranti e disordini. Davanti al centro di accoglienza straordinaria «Mondo Migliore» scoppia la rivolta. Saluti romani da una parte, canti di lotta partigiana dall'altra. A separare le due fazioni la rampa che porta al cancello d'ingresso, trincerata da scudi e manganelli delle forze dell'ordine.

Primo giorno di permanenza per i cento migranti, 92 uomini e otto donne provenienti da Messina e trasferiti martedì notte nella struttura dei frati Oblati, da due anni Cas riconosciuto della Prefettura di Roma per cittadini extracomunitari. Slogan urlati da entrambe le fazioni, ieri, all'arrivo dei militanti di estrema destra, arginati da un cordone di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Centri sociali della sinistra extraparlamentare e neofascisti guidati da Maurizio Boccacci, vecchio leader delle «teste rasate» capitoline negli anni '80 e dai fratelli Di Stefano di Casapound. Momenti di forte tensione quando un gruppo pro-accoglienza, sul posto dalla mattina, avrebbe provato ad avvicinarsi agli stranieri. Al grido di «boia chi molla» contro «fascisti carogne tornate nelle fogne» di sessantottina memoria, la protesta lungo la via dei Laghi va avanti per ore. Intanto, pochi metri al di là della recinzione i cento migranti hanno fatto la prima conoscenza con i loro coinquilini, 270 persone di 34 nazionalità diverse. «Le grida urlate fino a tarda notte - racconta Francesco Spagnolo della Caritas Diocesana - hanno un po' spaventato gli ospiti del centro che non capivano bene cosa stesse succedendo, i bambini in particolare. Alla fine si sono tranquillizzati». I primi 50 naufraghi della Diciotti sono stati accolti con un lungo applauso dagli altri migranti.

Le storie raccontate alla delegazione dell'Onu che si occupa di rifugiati politici sono da far accapponare la pelle. «Sono stati in viaggio per due anni - spiega Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr - segregati sotto terra, in un magazzino, e venduti fino a cinque volte in Libia da trafficanti senza scrupoli. Più volte le loro famiglie sono state costrette vendere i loro beni e pagare un riscatto per la loro liberazione e far proseguire loro il viaggio. Ben sedici bambini, fra quelli nati in questi due anni, sono morti. Le donne, tutte violentate». Fra queste le otto eritree giunte al centro di accoglienza e sottoposte a un programma di riabilitazione e inserimento. I due unici pensieri dei migranti sono per i loro cari rimasti in Libia e il desiderio di ricostruirsi una vita contribuendo allo sviluppo del Paese che li ospiterà. «Non hanno voglia di viaggiare ancora dopo tutto quello che hanno passato - conclude la portavoce dell'agenzia per i rifugiati - crediamo che la maggior parte di essi desiderino restare in Italia». I migranti sono stati visitati da un'equipe medica: «I giovani stanno bene - spiega il direttore sanitario Maurizio Lopalgo -. Stanchi e denutriti, provati dal viaggio, ma non presentano segni di malattie organiche». Finora sono 27 le Diocesi di città come Milano, Torino, Firenze, Bari e Cefalù che si sono offerte di accogliere gli eritrei.

Alcuni potrebbero raggiungere parenti e amici già emigrati in Germania, anche se fino a quando non saranno concluse le pratiche per la richiesta di asilo politico non si potranno allontanare dall'Italia.

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