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I NUOVI POTENTI

nche dietro agli uomini dei Paesi più maschilisti del mondo ci può essere una grande donna. Soprattutto se questa donna tiene le fila di uno dei governi più ricchi del pianeta, sfoderando doti da influencer e fermezza da leader. «Io ho un sacco di tempo libero, per cui quando devo parlarle vado a fare la fila davanti al suo ufficio»: l'ex emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani scherza ma non troppo quando parla di Mozah, sua moglie, la donna che ha portato l'emirato più odiato dai vicini ad essere il più potente di tutti. Shiekha Mozah bint Nasser Al Missned, come recita l'albero genealogico arabo, è genio e sregolatezza, ovviamente come lo si più essere da quelle parti. E c'è lei dietro tutti gli investimenti che il Qatar ha fatto nel corso degli anni, che sia comprarsi una squadra di calcio a Parigi riempiendola di campioni, piuttosto che investire sulla zona più innovativa di una Milano in espansione. Dal Psg a Porta Nuova, il suo mondo è senza confini.

La sua storia è un intreccio di famiglie reali, con il padre esiliato in Kuwait durante una delle guerre di correnti usuali in Medioriente e il futuro marito non ancora sceicco che, dopo l'ennesimo rovesciamento di potere, proprio lì la conosce durante un viaggio diplomatico. Mozah si fa conquistare e sposare: diventa la seconda moglie, gli darà 7 dei 24 figli complessivi. E le altre due spose diventeranno comparsa di un'ascesa inarrestabile, perché l'eleganza è potere e l'intelligenza è un dono. La futura sceicca infatti non ne vuole sapere si essere sottomessa: studia, si laurea in sociologia, e quando il retrogrado e severo suocero Khalifa bin Hamed va in vacanza in Svizzera, alla fine si trova deposto dal figlio. E soprattutto dalla nuora. Era il 1995, l'inizio del regno di Mozah, anche se non ufficialmente.

Da allora, da quell'ufficio in cui la fila non manca mai, lei traccia la strada del suo Paese, e anche la linea di un'emancipazione che non piace ai vicini. Troppo spregiudicata, ma soprattutto troppo potente. Mozah infatti significa affari e ricchezza che continua ad accumularsi: fu lei - contro tutto e tutti - a consigliare il marito, agli inizi degli Anni Novanta, di sfruttare i giacimenti di gas. Che là, dove abbonda il petrolio, era visto come un sottoprodotto inutilizzabile. Eppure un investimento di 20 miliardi di dollari ha fatto diventare il Qatar produttore del 30 per cento del mercato globale. Moltiplicando quei miliardi in poco tempo. E poi: il Qatar oggi è dappertutto. Per esempio detiene l'11% per cento della Borsa di Londra, il 17% della Volkswagen, il 13% di Barcklays.

Mozah è questa: grande fiuto per gli affari e icona di moda, con un look rispettoso della religione ma che ammicca all'occidente. Con la testa sempre coperta da splendidi turbanti e tuniche fino ai piedi però attillate e sgargianti. Tanto amante del fashion che un giorno il marito le regalò Valentino. Non solo il vestito: tutta la casa di moda. Mozah è un obbiettivo sul futuro a qualunque costo, se è vero come ha ammesso la stessa Fifa - che il campionato del mondo di calcio del 2022 arriverà nel deserto grazie a cospicui contributi personali elargiti nelle tasche che contano. Mozah, soprattutto, è la modernità al comando: è stata lei a suggerire l'apertura di una Tv che aiutasse il Qatar a diventare grande nel mondo via satellite. E oggi che Al Jazeera è una potenza, di nemici se n'è fatti tanti, vicini e lontani: «Non è vero che sosteniamo il terrorismo ha detto lei in una rara intervista la verità un giorno o l'altro verrà fuori». Eppure, per esempio: fu Al Jazeera ad alimentare la Primavera araba. Ma la visione del mondo ha diverse prospettive.

Intanto quella piccola nazione stretta dai giganti, oggi ha un nuovo leader: mentre il marito fa la fila davanti alla sua porta per ingannare il tempo, sul trono ora c'è Tamim bin Hamad al-Thani, suo figlio. Mozah lo ha fatto studiare economia in Inghilterra, entrare nell'esercito, gli ha affidato la leadership della Qatar Sports Investment prima e della Investment Authority poi. E indovinate chi c'è dietro. Alla fine, nel 2013, il passaggio di consegna con il padre, tutto come previsto. Con ricchezza che si aggiunge ricchezza, fastidio (del Paesi confinanti) che si aggiunge a fastidio. Con l'isolamento politico, costato cara persino a 12mila cammelli qatarioti che si aggiravano placidamente nel deserto dell'Arabia Saudita, qualche decina di chilometri più in là. Rispediti dentro i confini pure loro: «Non sopportano la nostra indipendenza, la vedono come una minaccia ha affermato l'emiro -, è solo invidia per quello che sappiamo fare». Si parla di appoggi all'Iran, di finanziamenti a gruppi nemici, di rivalità economiche. Ma è lei, comunque, il perché dell'instabilità della regione: Mozah. Una donna, diversa. La sceicca.

Che nel frattempo ha gestito i fiumi di denaro che ha saputo alimentare per ammodernare il Qatar con scuole, università e ospedali diventati centri d'eccellenza mondiale, con una fondazione che si preoccupa del progresso sociale nella sua regione, ma anche dei problemi creati dal fenomeno dell'immigrazione. È arrivata a parlarne anche al Papa, in udienza privata. Definendo l'Europa «non più un centro di potere, ma un luogo di sofferenza senza difesa». Perché vista dal suo ufficio la democrazia ha un altro sapore: «E non è il modello che propone l'Occidente: democrazia è modernizzazione». Anni fa il Guardian titolò così un articolo su di lei: l'(in)accettabile volto dell'espazione del Qatar. Sintetizzando perfettamente invidie e fascino per una donna che aveva comprato la casa più cara di Londra per fare della capitale britannica il centro di comando nel cuore dell'altro mondo. In fondo lo scrittore Allen J. Fromherz ha definito il Qatar «una corporation con lo sciecco come amministratore delegato». E la sceicca come mente finanziaria. Lei, che a domanda sui suoi punti di riferimento, risponde «mio padre, mio marito e l'ex presidente egiziano Nasser». Nessuna donna, perché in effetti al mondo non c'è nessuna donna come lei.

Marco Lombardo

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