Cronache

I padri separati sono discriminati In aula la madre ha sempre ragione

I padri separati sono discriminati In aula la madre ha sempre ragione

Nel 2014 avevo scritto un articolo in cui denunciavo le storture di una giustizia in cui ai padri veniva riservato un trattamento discriminatorio, dovendo pagare il peccato originale di non aver portato in grembo le loro creature.

Da qui una partita impari giocata costantemente in difesa e con arbitri vittime di pregiudizi di genere che vanificano ogni tentativo di dimostrare che non sempre le madri sono il genitore più adeguato, anzi. Quando ci sono di mezzo minori, tanto più se infanti, anche il migliore dei papà viene sacrificato sull'altare dei luoghi comuni. E più ci si sposta verso un tribunale di provincia e più è alto il rischio di imbattersi in giudici non esattamente specializzati o, peggio ancora, con arcaici preconvincimenti che nulla hanno a che vedere con le faticose conquiste giurisprudenziali.

In questo sistema deviato che si nutre di stereotipi - che pur la legge del 2006 aveva cercato di decostruire - le madri assumono un'ipertrofica sindrome di onnipotenza in cui tutto è loro concesso: sradicare figli dal luogo in cui sono nati e cresciuti, boicottare minimali diritti di visita, assumere la regia di strategie di allontanamento o alienazione, il tutto senza alcuna sanzione o conseguenza pratica da parte di chi deve rimettere le cose in ordine, eccetto una blanda ricetta con a base l'attivazione dei Servizi Sociali di zona.

Le denunce vengono archiviate, i provvedimenti vengono vergati senza alcuna motivazione, l'onere della prova invertito.

Non è il genitore accudente che viene prescelto ma, almeno in prima battuta (e non è poco) la madre, a prescindere delle colpe di cui si sia macchiata.

I giudici, non tutti per fortuna ma ancora troppi, preferiscono operare come grigi ragionieri della soluzione eticamente più scontata, come pavidi don Abbondio incapaci di smarcarsi dalle abitudini sociali e mostrare quel coraggio che la legge impone loro.

In un mondo occidentale in cui è norma il collocamento alternato dei figli presso ciascun genitore l'Italia è vittima di antiche resistenze in cui il padre è considerato solo un appendice nella vita di un figlio, un intruso cui spetta solo il compito di mantenimento ma nulla di più.

In occasione della Festa del Papà del 19 marzo 2018, sotto l'insegna Daddy's Pride hanno sfilato per le vie della capitale i padri separati, ciascuno di loro portando un bagaglio di dolori ed ingiustizie da fare tremare i polsi, segno dell'impotenza di un sistema giustizia' che non riesce o non vuole attivarsi con più veemenza per interrompere lo scempio dei diritti di un genitore nei confronti dell'altro.

La nostra Costituzione, sotto questo profilo, continua a rimanere lettera morta ed il sesso' del genitore diventa volano di privilegi che i giudici, o meglio, taluni giudici non solo non contrastano efficacemente ma che, ancora troppo spesso, avallano.

«La madre possiede un potere smisurato: quello di legittimare o erodere, fino a farla sparire, l'immagine del padre. È lei che gli assegna la funzione paterna» diceva profetico Stefano Zecchi.

Peccato che i giudici non sempre se ne accorgano.

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