Cronache

Tra i paesini dove l'"effetto domino" fa disastri dal Medioevo

La vicinanza delle faglie provoca da sempre "repliche" a breve distanza

Tra i paesini dove l'"effetto domino" fa disastri dal Medioevo

Quando ancora non si conosceva la geometria delle ferite della terra, il Pian perduto era sangue e battaglia. Le truppe di Visso che scendevano dall'altro, quella di Norcia che avanzavano dalla città. Si scontravano popoli che la natura ha legato e legherà sempre: perché accanto all'altopiano di Castelluccio corrono due faglie vicinissime, che si sfiorano, e che possono tremare l'una a causa dell'altra. L'effetto domino, il concatenamento di più terremoti in zone sensibili vicine, non è un fatto di oggi nell'area appenninica. Avvenne in modo eclatante nel 1703, lungo una fascia più a ovest, da Norcia all'Aquila, con tre sismi in impressionante sequenza in meno di un ,mese. E ancora situazioni simili durante il quattordicesimo e il tredicesimo secolo. Non è la regola, ma è un'eventualità già accaduta. E questa volta, dopo il terremoto di Amatrice, il risveglio delle ferite terrestri vicine era segnalato dai tracciati dei sismografi già pochi giorni dopo il 24 agosto. Il 10 settembre, per esempio, l'Istituto di geofisica e vulcanologia registrava una scossa di magnitudo 3,2 con epicentro a Ussita, Visso e Castelsantangelo sul Nera, gli stessi centri del terremoto del 26 ottobre. I segnali di uno spostamento a nord dei movimenti sismici dopo Amatrice erano presenti . Nei giorni successivi, come la fuga di un demonio impazzito della terra, l' epicentro si era spostato anche poco più sotto, a Castelluccio di Norcia, provincia di Perugia. Il 26 ottobre non è scattato un improvviso risveglio della faglia sotto la sorgente del Nera: quella faglia aveva già parlato dopo Amatrice. In una scienza ancora lontana dalla verità delle previsioni come lo erano i primitivi dal controllo delle mani, non si può però prevedere se questi segnali possono sfogare con violenza, o se sono assestamenti fisiologici e vanno a scemare, come un'eco che si attutisce. Ora si paventa un'attivazione sismica verso nord, oltre Camerino. In mancanza di leggi certe, l'unica esperienza può essere la storia. Quattordici gennaio 1703: i resoconti dell'epoca narrano di un terremoto ora catalogabile in una magnitudo di 6,7 gradi della scala Richter che colpì Norcia, l'Umbria e le Marche. Andò distrutto il paese di Avendita, vicino Cascia, con almeno seimila morti tra le due regioni. Ci furono lesioni anche a Roma. Due giorni dopo, 16 gennaio, Montereale, lungo una faglia proprio sopra quella di Accumoli. La magnitudo fu di 6.2 gradi. Infine 17 giorni dopo si scosse una terza faglia, quella dell'Aquila, con un terremoto probabilmente gemello a quello del 2009, epicentro indicato nel Comune di Paganica: magnitudo 6,7, oltre 6mila morti. In questo caso avvenne quindi una migrazione verso sud dei movimenti sismici: da Norcia all'Aquila. Un sisma abbastanza simile all'ultimo del 26 ottobre avvenne invece il 28 luglio del 1799: l'epicentro era leggermente più a nord, tra Camerino e San Ginesio, Marche, con tre scosse di forza crescente intorno ai 6 gradi a distanza di cinque e quattro ore l'una dall'altra. Due forti scosse a distanza ravvicinata anche tra il 1348 e il 1349, tra l'Aquila e la Val Comino . Nel 1279 si allacciarono due faglie tra Umbria ed Emilia: il 30 aprile un sisma nella zona di Fabriano fu seguito a distanza di poche ore da una violenta scossa sull'Appennino emiliano.

Non appaiono come direttamente collegate ma stupisce l'impressionante tremito ravvicinato delle faglie appenniniche negli anni 1915-16-17.

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