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I pm: "Vicini a una svolta sul Russiagate"

Summit dei magistrati milanesi: "Decisive le recenti perquisizioni agli indagati"

I pm: "Vicini a una svolta sul Russiagate"

Milano - Ancora una decina di giorni di lavoro, prima che i pm del pool partano per le vacanze. E in questa settimana l'indagine sui (presunti) petrorubli alla Lega punta a chiudere il cerchio su alcuni snodi cruciali della vicenda innescata dalla registrazione dell'incontro all'hotel Metropol di Mosca lo scorso 18 ottobre. Ieri mattina, il procuratore Francesco Greco (nella foto) ha incontrato a lungo i suoi colleghi del pool: il suo «vice» Fabio De Pasquale, i pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta. Clima di visibile ottimismo: «Dopo le perquisizioni siamo vicini a una svolta», dice uno dei partecipanti alla fine del vertice. Le perquisizioni sono quelle effettuate nelle case e negli uffici dei tre partecipanti italiani alla riunione del Metropol: il leghista Gianluca Savoini, emissario a Mosca del vicepremier Matteo Salvini, il suo consulente legale Gianluca Meranda e il consulente finanziario Francesco Vannucci.

Savoini è stato perquisito subito dopo essere stato interrogato, Meranda e Vannucci ancora prima. Certo, se qualcosa di interessante è saltato fuori ci sarebbe da chiedersi come mai i tre abbiano lasciato a portata della Guardia di finanza elementi utili alle indagini, visto che sapevano di essere nel mirino (Meranda e Vannucci erano usciti pubblicamente allo scoperto, autoindicandosi come partecipanti alla riunione prima ancora che il loro nome finisse sui giornali). Potrebbe essere materiale, come spesso accade, che gli indagati hanno lasciato appositamente a disposizione per influenzare il corso delle indagini. Ma anche questa scelta può risultare significativa.

Arrivati a questo punto del caso, una certezza gli inquirenti l'hanno acquisita: l'operazione prospettata al Metropol non è andata in porto. La cessione di alcuni milioni di tonnellate di prodotti petroliferi a prezzo scontato, in modo da realizzare una cresta da spartire tra la Lega e i suoi interlocutori russi, non è mai avvenuta. Né petrolio né cherosene né null'altro di combustibile: Savoini non è riuscito a farsi vendere niente.

Ma per la Procura non significa che l'operazione non potesse andare in porto, perché sono oggettivi -dicono le indagini - sia i rapporti di Savoini con i russi, sia il suo inserimento nella struttura diplomatico-affaristica che la Lega ha insediato in Russia.

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