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I primi pentiti del reddito Luigi già vuole cambiarlo

Pronto il modulo per la rinuncia al sussidio I dubbi del ministro: forse bastava ampliare il Rei?

I primi pentiti del reddito Luigi già vuole cambiarlo

Inadeguato, inefficace, carente e presto anche dimenticato. Sono gli appellativi consueti che si stanno utilizzando oramai da aprile scorso quando il reddito di cittadinanza ha fatto il suo ingresso nei conti correnti di poco meno di un milione di italiani. Un ingresso tutt'altro che trionfale per modalità, tempistica e pochezza di risorse erogate. Un provvedimento i cui difetti si è accorto anche lo stesso Luigi Di Maio.

E chissà se dietro la consueta e ostentata sicumera questa volta il vicepresidente del Consiglio ha ammesso, magari solo con i suoi più stretti collaboratori, gli errori. In ogni caso, nelle vesti di ministro del Lavoro deve aver avuto qualche ripensamento dato che ha investito l'Inapp (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche) del compito di valutare il reddito di inclusione. Forse il capo pentastellato si è accorto di tutte le magagne del reddito di cittadinanza e vorrebbe studiare il modo di integrarlo con una misura già rodata e messa in campo dal Partito democratico nel 2017?

A fine luglio verranno individuati 4 professionisti, accademici e non, che andranno a costituire un comitato scientifico che dovrà valutare l'impatto del Rei, validare le metodologie di rilevazione delle informazioni tramite un campione di beneficiari, calcolare le stime degli effetti prodotti e, non ultimo, stilare una valutazione complessiva. Per questa però avranno tempo addirittura fino a novembre 2020. Certo, con tutto quel tempo a disposizione per svolgere l'indagine, è ragionevole chiedersi come mai l'Inapp (l'ennesimo carrozzone con tanto di esperti e funzionari amministrativi nato dalla revisione della vecchia Isfol) debba affidarla a specialisti esterni. L'istituto infatti vanta presidente, consiglio di amministrazione, sindaci revisori, alti dirigenti a capo dei diversi settori di competenza e addirittura 44 consulenti: un costo complessivo per l'erario pari a una cinquantina di milioni all'anno. Cifra alla quale si dovrà sommare la bazzecola di 38 mila e 400 euro tondi per la retribuzione del comitato scientifico. Infatti a ogni professionista ingaggiato per studiare e valutare il Rei spetteranno 9mila e 600 euro. E chissà se alla fine il ministro cinquestelle si renderà conto che non serviva il reddito di cittadinanza e che invece sarebbe bastato ampliare la platea e la dotazione economica del Rei. Oltre che, certamente, predisporre le condizioni legislative e regolamentari utili a conseguire l'obbiettivo: che i destinatari del sussidio possano uscire dalle difficoltà seguendo un percorso che li conduca a un impiego e quindi alla emancipazione economica.

E invece no. Di Maio, assieme al fido presidente dell'Inps Pasquale Tridico, ha realizzato un meccanismo complicato che si è dimostrato facile a incepparsi e già bisognoso di correttivi. È infatti in arrivo il modulo dell'Istituto di previdenza per la rinuncia l reddito e alla pensione di cittadinanza. Nel modulo, oltre a indicare i dati anagrafici e la data in cui è stata presentata la domanda per il sussidio, è necessario sottoscrivere la dichiarazione «di voler rinunciare, in nome e per conto del nucleo familiare» alla prestazione del reddito o della pensione di cittadinanza. La card verrà disattivata immediatamente compresi gli importi residui mentre le somme già ricevute non dovranno essere restituite.

Insomma, il reddito di cittadinanza rischia di trasformarsi in un boomerang che gli stessi elettori pentiti del M5s scaglieranno contro Di Maio.

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