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Quanti ipocriti sul nuovo fisco: ha deciso tutto il Parlamento

Partita la caccia all'autore della norma che blocca le pene ai mini evasori. Soglia del 3% decisa dopo anni di discussioni

Quanti ipocriti sul nuovo fisco: ha deciso tutto il Parlamento

Ora il governo Renzi si è incastrato nella tribù più selvaggia, che è la tribu-taria. Non è vero che il decreto di attuazione della delega fiscale, che il Consiglio dei ministri aveva approvato a fine anno e che ora è stato messo in frigorifero, fosse stato concepito «per fare un favore a Berlusconi» in prossimità dell'elezione del capo dello Stato. Questo decreto, ora congelato, era e resta un «atto dovuto», in attuazione della legge delega di riforma tributaria approvata dalle due Camere, dopo anni di discussioni in entrambi. Un testo che all'articolo 8 stabilisce «la revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, dando rilievo, tenuto conto di adeguate soglie di punibilità, alla configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa».

Questa norma va in parallelo con la riforma del codice penale, di cui alla legge 67 dell'aprile 2014, che ha stabilito la depenalizzazione dei mini reati, cioè dei fatti penalmente rilevanti di particolare tenuità, in omaggio al principio filosofico di Cesare Beccaria per cui il diritto di punire non spetta alla società per ragioni etiche, ma per evitare danni ai suoi membri e alla convivenza. La norma della legge delega fiscale nasce da una esigenza analoga: trattare un modo più umano il contribuente affinché sia più collaborativo e dia più gettito. La norma della legge delega fiscale, articolo 8, stabilisce che la punibilità penale deve partire da una «soglia» prestabilita di natura proporzionale. Cioè non va punita penalmente un'evasione che sia piccola in proporzione alla materia tassabile. Dunque, le sanzioni penali dovrebbero essere applicabili solo a evasioni di più del 3% del fatturato tassabile in Iva o del reddito tassabile in Irpef o con imposta sulle società. L'articolo 8 dice anche che, però, l'abbuono non va dato se l'evasione è fraudolenta.

Tranquilli - avrà detto l'esperto fiscale, che presiedeva alle norme per conto del governo - Berlusconi è stato condannato per frode fiscale. Pertanto lui di questa «soglia» non può beneficiare, per la ineleggibilità per sei anni, disposta con la legge Severino; la condanna su cui essa si basa non viene estinta. Errore! La nozione di frode fiscale è vaga, confina in modo nebuloso con quella di elusione illegale, intesa come abuso di diritto (di cui si occupa ampiamente la legge delega) e con quella di elusione legale, lecita. Ecco, così che la legge delega, all'articolo 8, per la nozione di frode fiscale, fa ricorso alle definizioni di leggi vigenti. Essa, così fa riferimento alla legge 138 del 14 settembre 2011 stabilendo che per i fatti fraudolenti di cui a tale legge non possono essere ridotte le pene minime per essi disposte.

Ora, la legge 138 del 2011 considera tre ipotesi di condotta fraudolenta e due di non fraudolenta. Le tre ipotesi fraudolente sono: falsa fatturazione, emissione di fatture false, distruzione o occultamento di documenti contabili. Le due ipotesi non fraudolente sono la dichiarazione infedele e quella omessa. Berlusconi fu condannato (ai sensi del decreto legislativo 74 del 10 marzo 2000) per una sovrafatturazione di film da parte di Mediatrade di cui fu definito amministratore occulto. I magistrati qualificarono come frode la presunta sovrafatturazione di Mediaset di film importati da Mediatrade, perché sua affiliata. Ciò riduceva dello 1,65% l'imponibile Mediaset per il tributo sul profitto. Ma per la legge 138 questa non è frode.

Sembra di capire che in Italia le leggi penali fiscali e non sono buone o cattive in sé, ma se servono a metter fuori gioco Berlusconi. Perciò il governo è incastrato: o vara il decreto con la soglia del 3% come sarebbe corretto o abbassa tale soglia allo 1% facendo ridere (o piangere) i contribuenti, in relazione alla semplificazione e umanizzazione dei tributi e dei loro contenziosi, intasati nelle Commissioni tributarie e nei tribunali. Oppure dichiara che la riforma fiscale va riformata. Ma in tal caso non può mettere a bilancio il presunto ricavo dei recuperi fiscali, attesi da questa modesta depenalizzazione.

E deve fare, al suo posto, un aumento dell'Iva.

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