Cronache

I rom e il racket dei cassonetti Ci costa 7mila euro al giorno

Dannoso e illegale, il rovistaggio è diventato uno dei business più redditizi: nei bidoni finiscono beni per 33 milioni di euro

I rom e il racket dei cassonetti Ci costa 7mila euro al giorno

Roma - I romani nemmeno ci fanno più caso. Nella capitale i cassonetti della spazzatura tenuti aperti di proposito con cassette di legno fanno parte del panorama urbano da anni. È il preludio al quotidiano spettacolo dei rovistatori, che ogni giorno li setacciano cercando qualcosa da recuperare.

I disperati in cerca di cibo sono la minoranza. Il resto è un piccolo esercito di rom a caccia di un vero tesoro. Secondo uno studio del 2008 dell'associazione «Occhio del riciclone», nei 45mila cassonetti romani finiscono beni per 33 milioni di euro l'anno. E ogni giorno migliaia di nomadi (2.300, organizzati in 570 microimprese, secondo un dossier del 2009) li setaccia, dando vita a un'attività di riciclaggio sommersa e, va da sé, illegale.

Il maleodorante contenuto dei cassonetti, infatti, è di proprietà comunale. Appropriarsene è un reato. E spesso le condizioni in cui i «cercatori» lasciano il terreno di caccia - sacchetti rovesciati, immondizia sull'asfalto e sui marciapiedi - sono un attentato all'igiene e anche alle risorse comunali, spremute per ripristinare - quando lo si fa - un minimo decoro.

Per qualcuno, però, il rovistaggio dei rom è meritorio, addirittura un'attività socialmente utile, perché «integra», oltre a rimettere sul mercato beni per milioni di euro altrimenti destinati allo smaltimento a spese del Campidoglio. Frugare tra i rifiuti sarebbe dunque un reato «virtuoso». Tanto da entusiasmare l'assessore ai Servizi sociali del Campidoglio, Francesca Danese, che qualche mese fa ha sollevato un polverone ipotizzando l'affidamento ai rom della raccolta differenziata dei rifiuti, imbarazzando la giunta e finendo bacchettata dalla sua collega all'Ambiente Estella Marino, lesta a ricordare che «il rovistaggio è una pratica non legale da sanzionare». Più duro il presidente di Ama, l'azienda romana che si occupa di rifiuti, Daniele Fortini: «Il rovistaggio alimenta un sistema illegale e criminale di ricettatori che rimettono sul mercato materiali in maniera abusiva».

Insomma, più che un veicolo per l'integrazione, il permissivismo sui rovistatori sembra l'ultima frontiera dell'illegalità impunita garantita ai rom capitolini. I quali per qualcuno sono comunque un business, se il Campidoglio spende 33mila euro all'anno per famiglia per finanziare centri di accoglienza indegni di questo nome, salvo poi tollerare per anni insediamenti abusivi. Tornando al rovistaggio, se è vero che una selezione a monte permetterebbe di eliminare dall'indifferenziata materiali che non ci dovrebbero finire, nella realtà la strada per rendere virtuoso il talento riciclatorio dei rom è molto lunga. Allo stato dei fatti, il rovistaggio è un fenomeno dannoso tout court . Che ci costa caro. L'Ama stima in 2,5 milioni di euro l'anno, quasi 7.000 al giorno, il costo dei 30mila interventi straordinari necessari ogni anno a rimuovere i «materiali oggetto di rovistaggio» lasciati fuori da campane e cassonetti in tutta Roma, dal centro storico alla periferia.

Ma anche le isole ecologiche dell'Ama, che raccolgono rifiuti speciali e ingombranti, sono oggetto dell'attenzione dei rom. In certi casi, anche violenta. Ad aprile, tre operatori sono stati malmenati e presi a sprangate da un gruppo di ragazzini rom che volevano buttare pneumatici in una zona vietata. E in tre anni, i centri di raccolta dell'Ama sono stati vittime di 234 tra furti e atti di vandalismo denunciati, oltre a innumerevoli tentativi di effrazione. Ovviamente non tutti sono imputabili al rom, che però nelle statistiche si aggiudicano il monopolio del «presidio», abusivo, di alcuni centri di raccolta: Laurentina, Cinecittà e Mattia Battistini (a due passi dal campo dove vive l'autista-killer ricercato).

I nomadi lì fuori, racconta l'azienda dei rifiuti romana, «intercettano gli utenti chiedendo loro i materiali/oggetti, soprattutto in ferro, destinati alle strutture Ama».

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