Politica

I simboli italiani cambiano padrone

Alimentare e moda i settori nel mirino: le eccellenze tricolore fanno gola all'estero. Bankitalia avverte: le nostre imprese sono sottocapitalizzate per almeno 200 miliardi

E anche Indesit se n'è andata. Il gruppo leader negli elettrodomestici, che faceva capo alla famiglia Merloni, sarà acquisito dall'americana Whirlpool. Dopo che il presidentissimo Vittorio Merloni è stato costretto ad allontanarsi dall'azienda per le condizioni di salute, gli eredi e il manager Marco Milani erano dinanzi a un bivio: resistere alla crisi globale (Indesit è una multinazionale che però ha visto i suoi ricavi ridursi sotto i 3 miliardi di euro) oppure vendere. È stata scelta la seconda strada e, con l'aiuto di Goldman Sachs e dello studio Cleary Gottlieb, in quattro mesi è stato trovato un compratore, cioè Whirlpool che ha valorizzato il complesso 1,25 miliardi di euro dei quali 758 milioni andranno direttamente ai Merloni (il resto andrà al mercato in caso di adesione totalitaria all'Opa obbligatoria).

Si tratta di comprendere, ora, se sia giusto valutare positivamente un nuovo investimento estero in Italia oppure rammaricarsi per aver perso un altro pezzo grosso dell'industria che nell'ultimo anno ha faticato non poco tra costi in aumento, ricavi in flessione, piani industriali e vertenze sindacali a continuare a competere globalmente. Con Whirlpool, che in Italia ha sede a Varese dove aveva rilevato la Ignis, il problema non si pone più. Ma l'azienda-Italia è in vendita?

Industria & Finanza

Grandi gruppi e produttori di eccellenza sono da tempo in mani estere. Basti pensare che le Acciaierie di Terni sono del colosso tedesco ThyssenKrupp e che un'altra big come Volkswagen si è aggiudicata nomi di prestigio della metalmeccanica come le moto Ducati, il mito Lamborghini e anche la progettazione di Italdesign Giugiaro. Dall'energia (Edison in mano ai francesi di Edf) ai trasporti (con Etihad prossimo socio forte di Alitalia) fino alle banche e alle assicurazioni (Bnl e Cariparma ormai transalpine e Ras inglobata nella tedesca Allianz) non c'è settore che non sia stato oggetto di interesse estero. Non è solo questione di crisi: è che in un mondo troppo grande, molto spesso le imprese italiane non hanno la forza necessaria per crescere e diventano, conseguentemente, prede. Lo dimostra pure un'altra (ex-)eccellenza italiana: il calcio. L'Inter è dell'indonesiano Erick Thohir, la Roma dello statunitense James Pallotta e pure il piccolo Pavia sta per diventare cinese.

Lusso

Il comparto della moda testimonia chiaramente quanto denunciato dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, secondo cui le imprese italiane sono sottocapitalizzate per circa 200 miliardi di euro in meno rispetto alla media europea. Senza risorse adeguate le strategie diventano necessariamente di corto respiro e l'eccellenza artigiana del nostro Paese finisce immancabilmente sotto l'ala protettrice delle major internazionali come le due big francesi Lvmh e Kering. Nel corso degli anni il gruppo guidato da Bernard Arnault ha acquisito Fendi, Bulgari Emilio Pucci, Loro Piana, Acqua di Parma e persino la premiata pasticceria Cova di Milano. Dall'altra parte Henri Pinault s'è aggiudicato Gucci, Bottega Veneta, Brioni, Pomellato, DoDo e Sergio Rossi. Pure Valentino è finita in mani arabe. Il «Made in Italy» non parla tanto l'italiano.

Alimentare

Lo stesso discorso vale per il settore alimentare. Il gigante svizzero Nestlé da anni è proprietario di brand importanti come Buitoni, Perugina e San Pellegrino. I francesi di Lactalis si sono aggiudicati Parmalat e il suo tesoretto dell'era post-Tanzi creando una potenza di fuoco con marchi storici come Galbani, Invernizzi e Cademartori. Algida è della Unilever. Gli spagnoli hanno fatto shopping con Deoleo (Carapelli e Bertolli), Ebro (Pasta Garofalo) e Galina Blanca (Star). Pure la giapponese Mitsubishi ha conquistato Ar, produttore di pomodori pelati. Anche la distribuzione è di proprietà estera: Carrefour ha dato il proprio nome ai vecchi supermercati Gs e La Rinascente è diventata thailandese.

Gli italiani si sono già abituati.

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