Economia

I trucchi Caf coi contribuenti: benefattori a nostra insaputa

L'Agenzia delle entrate indaga sui centri di assistenza che avrebbero forzato la scelta del 5 per mille a loro vantaggio. Su cinquemila controlli, irregolare quasi uno su dieci

I trucchi Caf coi contribuenti: benefattori a nostra insaputa

Roma - Ci sono dei contribuenti italiani che sono diventati benefattori a loro insaputa. Generosi sottoscrittori di associazioni delle quali probabilmente sanno pochissimo. Dimostrazione che l'ultima frontiera del fisco assistito rischia di diventare il fundraising estremo. Molto simile a quello delle utenze telefoniche, elettriche e del gas che cambiano senza che il cliente ne sappia niente.

La notizia, riportata ieri dal Sole24ore , è all'apparenza tecnica. L'Agenzia delle Entrate ha messo sotto esame alcuni Caf (i centri di assistenza fiscale) per presunte irregolarità sulla destinazione del cinque per mille. La quota di reddito che il contribuente, se vuole, può destinare ad associazioni.

Su un campione di 5mila modelli, uno su dieci non è risultato in regola. Due le anomalie riscontrate. Nel primo caso, la scelta trasmessa al Fisco non corrisponde con la volontà reale espressa dal contribuente. I moduli trasmessi telematicamente attribuivano il 5 per mille a un ente, ma da quelli cartacei risultava una scelta diversa. Il contribuente voleva finanziare l'associazione x e invece si è ritrovato nella lista dei benefattori di quella y.

Secondo caso, i Caf non hanno conservato il modello cartaceo della dichiarazione. Impossibile la verifica della regolarità.

La cosa strana, il dato che ha fatto scattare l'allarme dell'Agenzia delle entrate, è che una quota di questi errori (l'8,2% nel primo caso, l'11,6% nel secondo) sono andati a favore delle associazioni dai quali dipendono gli stessi Caf.

Si è trattato di errori di trascrizione, o di contribuenti che hanno comunicato al telefono di avere cambiato idea, è una delle spiegazioni fornite dai Caf. Ma c'è dell'altro. Le ispezioni del Fisco ai Caf hanno fatto emergere comportamenti che confermano la tesi di un conflitto di interesse.

Nel 27% delle «visite», gli ispettori hanno trovato dentro i centri materiale pubblicitario per orientare la scelta del contribuente a favore della casa madre. Nel 9,1% dei casi sono stati gli stessi operatori dei Caf a orientare la scelta dei clienti.

Tra i casi riportati dal quotidiano economico, quello di un Caf di Brescia dove il 40% delle firme sulle dichiarazioni è andata a favore di una Onlus di Torre Annuziata. Questo nel 2014, anno al quale si riferiscono le ispezioni. Nel 2011, le opzioni a favore della stessa realtà non profit sono state del 100 per cento.

L'attività ispettiva nel 2014 si è concentrata su alcuni Caf, soprattutto quelli legati a importanti associazioni cattoliche. Quello del Mcl, Movimento cristiano lavoratori, quello dell'Acai (Associazione cristiana artigiani), Caf Servizi di Base di Rete Iside Onlus. Poi quelle dell'Anmil, Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro. E quella delle Acli, Associazioni cristiane dei lavoratori. Proprio i Caf Acli hanno replicato con i numeri. Su 1,5 milioni di dichiarazioni dei redditi, ha spiegato al Sole il direttore Paolo Conti, le scelte a favore dell'associazione sono state 207mila. Il direttore del Mcl, Antonio Inchignoli, assicura che nelle sedi dei suoi Caf non ci sono pubblicità. Franco Bettoni dell'Anmil cerca di allontanare un altra accusa spesso fatta alle associazioni. Cioè che esistano solo per organizzare Caf e intascare i finanziamenti.

Su 400mila iscritti, spiega, le opzioni per il 5 per mille sono solo 37mila. E i 500 mila euro che ne derivano rappresentano solo il 4% delle entrate totali. Il responsabile di Rete Iside assicura che non ci sono legami con il Caf, Anche se la sede è la stessa dell'associazioni. Entrambi in affitto da un privato.

Le tesi dei Caf non hanno convinto l'Agenzia delle entrate che ha trasmesso i risultati delle ispezioni alla Corte dei conti.

E programmato altri controlli per il 2015.

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