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Ilva, Berlusconi inchioda il governo: "Giallorossi nemici delle imprese"

La ArcelorMittal lascia l'Ilva. Conte convoca i vertici dell’azienda. La preoccupazione di Berlusconi: "Il governo riferisca"

Ilva, Berlusconi inchioda il governo: "Giallorossi nemici delle imprese"

Dopo la notizia, arrivata proprio in queste ore, dell'intenzione di ArcelorMittal di inviare ai commissari straordinari dell'Ilva una notifica in cui viene resa nota la volontà di rescindere l'accordo per l'affitto e il successivo acquisto condizionato dei rami d'azienda di Ilva Spa e di altre controllate, giunge la forte preoccupazione di Silvio Berlusconi sul futuro dell'azienda, che in una nota ha dichiarato di essere "molto preoccupato" per la decisione dell'industria. "Adesso il governo venga a riferire su quanto sta accadendo", ha detto il leader di Forza Italia proprio mentre il premier Giuseppe Conte convocava i vertici dell'azienda per decidere le prossime mosse da intraprendere.

Conte convoca i vertici dell'azienda

Anche il presidente del Consiglio dell'esecutivo giallorosso ha commentato la decisione dell'industria e ha fatto sapere che, per questo governo, la "questione Ilva ha la massima priorità:": "Già domani pomeriggio ho convocato a Palazzo Chigi i vertici di ArcelorMittal. Faremo di tutto per tutelare investimenti produttivi, livelli occupazionali e per proseguire il piano ambientale". E il caso Ilva è stato definito una vera e propria "bomba sociale" dai sindacati, che si è abbattuta proprio nel giorno in cui lo Svimez pubblica uno scenario allarmante per il Mezzogiorno, dove la ripresa, di fatto, non c'è. Perché in caso di chiusura dello stabilimento di Taranto e venisse meno la produzione di acciaio, con il conseguente azzeramento delle 6 milioni di tonnellate annue, sarebbe una vera e propria catastrofe, perché verrebbe meno l'1,4% del prodotto interno lordo, ossia circa 24 miliardi di euro. Secondo questa analisi, pubblicata dal Sole 24 Ore, il sequestro dello stabilimento, avvenuto nel luglio del 2012, sarebbe costato la stessa cifra. Non bisogna dimenticare, poi, quanti posti di lavoro si perderebbero, visto che sono attualmente 8.200 i dipendenti tarantini assunti da ArcelorMittal, cui andrebbero aggiunti i circa 3.500 dell'indotto. E in queste ore, l'esecutivo è al lavoro sul dossier: il ministro competente, Stefano Patuanelli, ha prima riunito i colleghi del Lavoro, dell'Ambiente, del Sud e poi è andato a riferire al presidente del Consiglio.

Berlusconi inchioda il governo

L'ex presidente del Consiglio, in una nota, ha detto: "La decisione del gruppo francese determina conseguenze gravissime per i lavoratori, per la città di Taranto e per la produzione di acciaio in Itaila. La responsabilità è tutta del governo, che con il recentissimo voto di fiducia ha imposto alle Camere l'eliminazione della protezione legale che era stata attribuita agli investitori francesi per realizzare il loro piano ambientale a Taranto. La sete vendicativa e giustizialista dei grillini, la loro morbosa passione per le manette unita alla loro anima nemica dell'impresa, dello sviluppo e anche dell'ambiente questa volta ha avuto successo, anche perché è stata assecondata dagli altri partiti della sinistra, dal Pd di Zingaretti a Leu di Bersani a Italia Viva di Matteo Renzi".

Il presidente di Forza Italia ha poi voluto aggiungere: "Anche questa volta sono i più deboli, i lavoratori e le famiglie di Taranto che, per i capricci della sinistra, vedono messo in pericolo il loro futuro lavorativo e anche il risanamento ambientale dell'area. L'Italia rischia di perdere un polo produttivo strategico a tutto vantaggio della concorrenza straniera. Credo davvero che il governo debba riferirne immediatamente al Parlamento. Ancora una volta si dimostra che solo Forza Italia e solo il centrodestra sono in grado di mettere in campo un governo amico delle imprese, della stabilità e della certezza del diritto".

I 5 Stelle all'attacco

Dell'avviso completamente opposto i portavoce di Taranto alla Camera del Movimento 5 Stelle, Gianpaolo Cassese, Rosalba De Giorgi, Alessandra Ermellino e Giovanni Vianello, che hanno dichiarato:"È evidente a tutti che la questione dell'immunità penale è la foglia di fico dietro la quale Mittal nasconde i propri interessi economici e il tentativo di scaricare sugli italiani i costi delle perdite economiche, che quest'anno si attestano intorno agli 800 milioni e battere cassa con lo Stato. L'immunità non la vogliono né i lavoratori, è di oggi un sondaggio interno all'ex Ilva che lo conferma, né le istituzioni locali a tutti i livelli: dal sindaco di Taranto al presidente della Regione, dall'Arpa alla Procura di Taranto. È Mittal stessa ad aver riconosciuto, nel corso di un'audizione, che la questione immunità non è nel contratto: questo rende impossibile qualunque contestazione da parte loro di un mancato rispetto dei patti. Lo Stato italiano ha finora rispettato tutti gli accordi pattuiti, cosa che non sta facendo la multinazionale indiana, come confermano gli stessi lavoratori". I pentastellati hanno poi proseguito confermando le loro posizioni: "L'impressione è che si stiano sottraendo ai loro doveri nei confronti dei cittadini e dei lavoratori di Taranto, creando ad arte un allarmismo che danneggia solo il territorio. Non è con questo atteggiamento, confermato purtroppo anche oggi a mezzo stampa, che l'azienda può determinare le condizioni affinché possa continuare a gestire l'impianto. Per noi non c'è trattativa possibile se non si mettono al primo posto il diritto alla salute dei cittadini di Taranto e quello alla sicurezza dei lavoratori dell'acciaieria. Il nostro invito, quindi, è quelli di valutare un accordo di programma sul modello di quello messo in campo a Genova, che è stato in grado di coniugare salute, rispetto dell'ambiente e conservazione dei livelli occupazionali.

Solo così si potrà proseguire lungo la via, già tracciata, della riconversione economica del territorio tarantino, su cui il governo deve imprimere una svolta decisiva".

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