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Imbarazzo M5s, addio giustizialismo

Dibba tace, Conte e Di Maio: «Storia vecchia, nessun riflesso sul governo»

Imbarazzo M5s, addio giustizialismo

Roma - Il M5s ha la memoria corta. Cortissima. Tanto da dimenticare gli attacchi feroci rivolti alla Lega, partito con cui oggi governa, per l'inchiesta sui rimborsi elettorali intascati tra il 2008 e 2010. Ieri il tribunale del Riesame di Genova ha accolto il ricorso della procura sul sequestro dei 49 milioni di euro, ordinando al Carroccio, oggi guidato da Matteo Salvini, di restituire i fondi sottratti illecitamente. In casa grillina il clima è teso: l'imbarazzo e il timore di perdere le poltrone, ottenute grazie proprio al patto di governo con i leghisti, suggeriscono silenzio e prudenza. Ma soprattutto di ammainare la bandiera del giustizialismo nella giornata in cui i cannoni della propaganda erano pronti a sparare slogan, per salutare il via libera al ddl anticorruzione: provvedimento ribattezzato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede legge spazza corrotti. Ed invece, la sentenza di Genova rovina la festa. C'è chi infila il dito nella piaga, proponendo il Daspo (contenuto nel ddl) anche per la Lega: «Ma nella legge anticorruzione preannunciata con tanta enfasi dal governo, c'è anche il Daspo per chi fa una truffa ai danni dello Stato per circa 49 milioni di euro?» scrive su Twitter Erasmo Palazzotto di Leu. La posizione dell'esecutivo è contenuta nelle poche parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che da Ischia, dove è in visita nelle zone colpite dal terremoto, ribadisce che «la sentenza non avrà alcun impatto sul governo». «Da presidente del consiglio - spiega Conte - mi è difficile commentare la sentenza, confido che siano trovate soluzioni alternative e prendo atto che per un partito politico, qualunque partito politico, non solo la Lega, diventa difficile svolge attività politica senza risorse finanziarie». Dei ministri grillini parla Luigi di Maio: «La vicenda riguarda il periodo antecedente alla gestione Salvini», quindi si va avanti. La sentenza fornisce ai magistrati tutti gli strumenti per reperire i soldi. Il tema è se ci siano oppure no. «Come ho sempre detto - spiega il vicepremier - i fatti per cui è accusata la Lega non riguardano la gestione Salvini. Sappiamo benissimo che c'è la sentenza, ma si va avanti». Però, Beppe Grillo non la pensava così: nel 2014, in un video ancora reperibile su internet, dalla sala stampa Nassyria del Senato il comico denunciava come «i soldi fossero andati anche al leader con il maglioncino (Salvini)». Parole che oggi il comico genovese non potrebbe pronunciare senza correre il rischio di aprire una crisi nel governo.

L'imbarazzo suggerisce il silenzio anche ad Alessandro Di Battista, che il 9 marzo del 2015 in un video sparava accuse contro la Lega per l'inchiesta sui rimborsi. Gianluigi Paragone è l'unico parlamentare grillino che commenta la sentenza. «Io - dice al fattoquotidiano.it il senatore M5s - credo che Salvini abbia ragione quando dice che la Lega di Salvini è totalmente diversa dalla Lega di Bossi» come piattaforma politica, «ma questo non significa che non debbano onerare quella sentenza».

Differenze che il senatore grillino conosce bene, avendo occupato la poltrona di direttore de La Padania, organo ufficiale del Carroccio, negli anni della gestione Bossi.

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