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Immigrati e muro al confine. La doppia vittoria di Trump

Accordo con il Guatemala: chi lo attraversa potrà chiedere asilo. Via libera ai fondi per la barriera

Immigrati e muro al confine. La doppia  vittoria di Trump

Sul fronte migranti Donald Trump incassa due vittorie nello spazio di poche ore. L'inquilino della Casa Bianca infatti ha ottenuto un accordo con il Guatemala che obbligherà la maggioranza dei migranti che attraversano il Paese centroamericano (in arrivo da Honduras ed El Salvador) a chiedere asilo in loco invece che al confine tra Messico e Stati Uniti. In soccorso a Trump è arrivata anche la Corte Suprema che si è espressa a favore della concessione di fondi necessari per costruire il muro con il Messico. Il presidente potrà quindi dirottare finanziamenti del Pentagono (due miliardi e mezzo di dollari) per la costruzione della barriera di sicurezza lungo il confine meridionale.

Per raggiungere un'intesa col Guatemala, Trump ha fatto leva sulla minaccia di tassare le esportazioni del «País de la Eterna Primavera». In cambio gli Usa concederanno al governo di Morales di espandere un programma che consentirà ai contadini guatemaltechi di lavorare legalmente nelle aziende agricole a stelle e strisce. Gli Usa copriranno i costi dei richiedenti asilo rispediti in Guatemala. L'accordo, dal quale sono esclusi i minori non accompagnati, verrà rinnovato tra due anni e revisionato ogni tre mesi. L'amministrazione Trump aveva provato ad introdurre una serie di misure per prevenire l'ingresso dei richiedenti asilo, dal «dosaggio» ai punti di ingresso, fino alle attese forzate in Messico, ma in ogni caso il diritto internazionale obbligava Washington a esaminare le richieste.

Per quanto riguarda il muro il presidente americano è riuscito a ottenere 2,5 miliardi di dollari. Vanno a sommarsi agli 1,4 miliardi già assegnati dal Congresso. Sono meno rispetto ai circa 6 miliardi richiesti da Trump inizialmente, ma sufficienti per rafforzare parti del recinto lungo l'Arizona, la California e il Nuovo Messico. Si tratta di denaro che era stato destinato in un primo momento dal Campidoglio al Pentagono, finanziamenti militari per la difesa del Paese che Trump ha deciso di dirottare verso la costruzione del confine con il Messico, nel nome del contrasto all'immigrazione irregolare o clandestina, tra i capisaldi del suo mandato. Con questa decisione si chiude il lungo braccio di ferro tra il tycoon e l'organo legislativo del governo federale. Di fondamentale importanza è stato il contributo della Corte Suprema degli Stati Uniti che con la nomina di Brett Kavanaugh nel 2018, promossa dall'amministrazione Trump nonostante le accuse di stupro nei suoi confronti, è diventata a maggioranza repubblica (5 repubblicani contro 4 democratici). La più alta corte degli Stati Uniti ha autorizzato il dislocamento dei fondi dopo aver bocciato il ricorso dell'American Civil Liberties Union, organizzazione no-profit che voleva impedire al presidente americano di usare il denaro senza l'approvazione del Congresso. Quella di ieri è stata l'ultima e forse decisiva battaglia di una vera e propria guerra tra il presidente e il Congresso americano, controllato dal partito democratico, per l'utilizzo di fondi federali per costruire il muro. Uno scontro frontale che aveva portato allo shutdown (il blocco delle attività amministrative) del Governo a fine 2018 e che ha visto Trump dichiarare lo stato di emergenza nazionale e poi bloccare i tentativi di farlo annullare da parte del Campidoglio con un divieto dello scorso marzo.

Il progetto riguarda la costruzione di una barriera di cemento lungo il confine che separa Messico e Stati Uniti della lunghezza di circa 3.100 chilometri e alta almeno 12 metri. Per la sua realizzazione è stato stimato l'utilizzo di 19 milioni di tonnellate di cemento.

L'opera andrebbe di fatto a rinforzare la barriera in lamiera già esistente, costruita nel 1994 sotto la presidenza Clinton per far fronte all'allora ondata migratoria.

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