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Immigrati in rivolta, vogliono più soldi

Tensioni in un centro di accoglienza siciliano per la diaria: ferito un carabiniere, quattro arresti

Immigrati in rivolta, vogliono più soldi

Palermo - «Questi soldi non ci bastano. Ne servono di più». Ed è scoppiato un putiferio al centro di prima accoglienza a Romitello, nel Comune di Borgetto, in provincia di Palermo. Una settantina gli immigrati in stato di agitazione, fomentati dai quattro promotori della rivolta che pretendevano l'erogazione di una somma aggiuntiva alla diaria giornaliera prevista.

«Febbraio è corto. Dovete sopperire in qualche modo, magari considerandolo come un mese di trentuno giorni». Questa, tra i motivi di protesta, proprio mancava. Ma provvedere a cambiare il calendario così su due piedi ancora (per fortuna) non è fattibile. Magari potrebbero suggerire di uniformare a trentuno giorni tutti i mesi dell'anno.

I quattro facinorosi (due 27enni, un 29enne e un 31enne) del Gambia hanno impedito ai due operatori dell'associazione «Vogliamo Volare», che gestisce la struttura (di proprietà dei passionisti) di uscire dal Cpa. Prima hanno sbarrato l'unico ingresso con blocchi di pietra e poi loro stessi si sono posizionati davanti al cancello. Gli operatori si sono rivolti ai carabinieri della Compagnia di Partinico che, giunti sul posto, hanno dovuto spostare i blocchi per accedere alla struttura. Cosa non gradita agli immigrati, specie quando un militare dell'Arma ha tentato di spiegare come fosse impossibile ottemperare alla loro richiesta.

A quel punto uno dei promotori della rivolta lo ha strattonato e spintonato. Il carabiniere è caduto procurandosi lievi lesioni alle costole ed è dovuto ricorrere alle cure dei sanitari del Pronto soccorso del «Civico» di Partinico. I fomentatori della protesta sono finiti in manette per sequestro di persona, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate. Si trovano all'Ucciardone di Palermo a disposizione dell'autorità giudiziaria.

Il Cpa di Borgetto era già stato sede di rivolte. Sono diversi gli immigrati che non ne gradiscono l'ubicazione tra le montagne. In altre occasioni gli «ospiti» hanno protestato - in linea con quanto accade da Nord a Sud - perché non soddisfatti del cibo distribuito, e, come avviene in molte altre strutture, spesso e volentieri si protesta perché i tempi di pronunciamento da parte delle Commissioni ministeriali sul riconoscimento dello status di rifugiato sono lunghi.

Ma il punto non è solo l'iter. Perché lo scorso 29 dicembre scoppiò una rivolta al Cara di Mineo, in provincia di Catania, per un diniego dello status di rifugiato contro cui si è infranta la speranza di un nigeriano. E allora via alla rivolta dei suoi connazionali che hanno dato fuoco a un furgone del Cara e si sono dati al saccheggio di sigarette e schede telefoniche da 15 euro, che fanno sempre comodo. In quell'occasione intervennero i poliziotti, venti contro un centinaio di extracomunitari.

«Solidarietà nei confronti di tutti gli operatori di polizia aggrediti, colpiti e feriti da criminali che spesso vengono rimessi in libertà subito dopo» dice il dirigente nazionale del sindacato di polizia Consap, Igor Gelarda che, con Rosario Orlando, componente della Consulta nazionale dei Reparti mobili Consap, dopo la rivolta di Mineo commentò che le forze di polizia si sentono dimenticate dal governo nei centri di accoglienza «senza avere la possibilità di tutelarsi in caso di rivolte». «È una politica poco accorta di gestione dell'accoglienza - hanno detto -.

Siamo stati abbandonati in queste strutture in cui convivono etnie storicamente contrapposte, che si fanno la guerra da sempre».

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