Politica

Impeachment approvato: Rousseff lascia la presidenza

Paolo Manzo

San Paolo Dilma Rousseff, icona della sinistra mondiale per il suo passato da ex guerrigliera, non è più presidente del Brasile. A deciderlo è stato ieri il Senato brasiliano con una votazione che non lascia spazio a dubbi di sorta, 61 contro 20. Approvato dunque l'impeachment, ovvero l'allontanamento dalla presidente condannata per avere falsificato i conti dello Stato - a detta della Corte dei Conti verde-oro - per 106 miliardi di reais, 30 miliardi di euro al cambio di oggi. Una votazione storica per un «maquillage contabile» che è arrivata lo stesso giorno in cui il Pil brasiliano è crollato per il sesto trimestre consecutivo, arrivando a un clamoroso -8,2% negli ultimi 2 anni. A sorpresa, tuttavia, la stessa Rousseff non è stata bandita dal ricoprire incarichi pubblici nei prossimi 8 anni come prevede invece la Costituzione e, dunque, nel 2018 potrà persino ricandidarsi a guidare il Paese: intanto ha annunciato un ricorso alla Corte Suprema. Sino ad allora sarà Michel Temer, l'ex vice della stessa Rousseff, a guidare le sorti del Brasile e, a detta di tutti gli analisti consultati dal Giornale, è certo un cambiamento radicale nella politica estera ed economica del Paese più grande e ricco dell'America latina. Già dal prossimo G-20, la prima visita ufficiale di Temer da presidente all'estero, sarà così chiaro a tutti che è finito il tempo in cui Brasilia flirtava con le peggiori dittature africane e mediorientali del mondo, oltre a difendere a spada tratta gli interessi di Paesi sudamericani dal dubbio carattere democratico, a cominciare dal Venezuela bolivariano. Non a caso, proprio da Caracas per bocca di Nicolás Maduro e dal presidente della Bolivia, Evo Morales Aymara, ieri sono arrivati gli strali più duri, con tanto di richiamo dei rispettivi ambasciatori dal Brasile. Possibile possa anche essere rivista da parte di Temer l'estradizione dell'ex terrorista Cesare Battisti, graziato invece da Lula, oggi indiziato per riciclaggio e corruzione ed a rischio arresto.

Un'ipotesi anch'essa possibile, visto che il grande scandalo che ha dato il via nel 2014 alla Mani Pulite brasiliana ancora in corso è strettamente legato a Petrobras, l'azienda petrolifera di stato che ha già rivelato agli inquirenti un fitto schema di corruzione all'interno dello stesso PT di Lula e Dilma, l'ex coppia d'oro della sinistra mondiale oggi caduta in disgrazia.

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